Fresco, leggero, dissetante, il vino “annacquato” è la nuova frontiera del bere naturale negli States. Probabilmente avrebbe un mercato anche dalle nostre parti, se non fosse che l’Unione Europea ne proibisce categoricamente la vendita.
Il Piquette è la nuova frontiera del vino naturale: lo dice Jamie Goode, uno dei più acuti osservatori del movimento. Sul suo blog WineAnorak, l’autore di I Taste Red e Flawless tesse le lodi di questo nuovo prodotto “nazional-popolare” che permette, tra le altre cose, di evitare ogni spreco. ” E’ un buon modo di offrire ai consumatori con un budget limitato qualcosa di molto beverino che costa poco, ed è prodotto senza additivi di alcun genere – spiega Goode – ci hanno pensato i vignaioli naturali a rivalutare questo prodotto retrò, che in passato era consumato esclusivamente dai vignaioli assetati”. Come si ottenga non è difficile immaginarlo: si prendono le vinacce, si cerca di estrarre tutto quel che è rimasto e si allunga il succo ottenuto con dell’acqua. Poi si aggiunge un po’ di zucchero o di miele per far partire la fermentazione e magari un po’ di acido tartarico per renderlo più fresco e beverino.
In America sono più di trenta i vignaioli naturali che si cimentano nella produzione di Piquette per non sprecare le vinacce e per offrire ai consumatori qualcosa di genuino – e sano, perché il volume alcolico è più basso di quello di un vino normale – che possano bere in qualunque occasione ed anche in quantitativi ingenti. Tra i pionieri del movimento c’è Todd Cavallo di Arc Wild, azienda nella Hudson Valley (New York), che sul processo produttivo afferma: ” la sfida principale è gestire i batteri lattici ai livelli di PH più alti che l’aggiunta di acqua comporta. Fortunatamente noi vendemmiamo uve con acidità alta e PH basso, e quindi anche aggiungendo il 50% d’acqua riusciamo ad avere un PH nei limiti. Bisogna comunque stare attenti all’esposizione all’ossigeno per evitare sensazioni sgradevoli. Il miglior modo per noi è usare l’acciaio inox per la fermentazione”.
Chiunque abbia un nonno che si cimentava nella produzione casalinga (e non) di vino sa che in passato l’usanza di allungare il mosto ottenuto dalle vinacce con l’acqua era assai diffusa anche in Italia. Purtroppo, però, la legge europea consente di produrre il Piquette esclusivamente per la distillazione o per l’autoconsumo. Questo per evitare che circolino in commercio prodotti di scarsissima qualità o, ancor peggio, fraudolenti. ” Sono molti i viticoltori in Europea che avrebbero interesse a produrre il piquette – spiega Goode – l’illegalità, però, è una barriera. In Austria, Claus Preisinger ne ha prodotto uno (presumo illegamente) e l’ha venduto. Ha preso il Syrah fermentato con i raspi e il Blaufrankisch con un po’ di succo (e zucchero) rimasto negli acini, ha aggiunto l’acqua e ha imbottigliato la miscela come fosse una sorta di ibrido tra Pet Nate e Piquette. Non ho assaggiato quel vino onestamente. L’unico Piquette he ho assaggiato è quello di Wild Arc Farm”. Il giudizio riportato articolo sul Piquette in questione è molto generoso: la bevanda, che è descritta “come fresca e citrina con qualche cenno di amaro”, ha sfiorato i tanto agognati 90 punti (89/100, per l’esattezza!).
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