La tranquillità di una casa di campagna, con un orto, un patio vista monti e una famiglia divisa tra sala e cucina. E’ l’ epitome del “less is more”: il lusso essenziale di un ristorante, La Bandiera della famiglia Spadone, che rappresenta l’archetipo dello stellato fuori dalle grandi aree urbane: remoto quanto basta per essere al riparo dalla mondanità, forte di un modello che fa dell’ understatement la sua chiave di volta. Un locale che, come altri a conduzione familiare, dal Don Alfonso al vicino Villa Maiella, sembra la traslazione della classica osteria familiare nel reame dell’alta ristorazione, con lo stesso attaccamento al territorio – che è baluardo contro omologazione e fighettismi – ma anche la voglia di stare sempre al passo con i tempi.
La cucina de La Bandiera, stella verde per la Guida Michelin 2022
L’ elemento di modernità, in questo caso, sta nella capacità di abbracciare con disinvoltura la rivoluzione vegetale che in Abruzzo, come in altre parti d’Italia e del mondo, sta prendendo sempre più piede. Per gli oltranzisti Mattia Spadone, 34enne, esperienze pregresse al Celler de Can Roca, gemello di Alessio che mesce il vino in sala, ha congegnato una proposta completamente vegetale; per gli altri, invece, ci sono due menù in cui il verde si alterna ai grassi animali.
Proviamo il più snello dei percorsi: Campagna, 6 portate più entreè a 75 euro. Un un viaggio alle falde dei campi, dei boschi e delle cime (non innevate) che plasmano il paesaggio tutto intorno a queste due sale dall’ arredamento rustic chic.
Una quartetto di bocconi golosi – fantastica la zeppola con baccalà mantecato e lampone – fa da apripista ad una sequenza che parte proprio dall’orto con 11.22, ovvero le primizie di questo 1 Novembre che sembra il 92 agosto, cotte nel sale e servite con un goccio d’emulsione d’ostrica.
Un assoluto di verde che lascia la spazio alle tinte brune altrettanto assolute dei funghi cotti e crudi, con caviale di funghi e brodo di funghi.
Linearità estetica e di sapore che torna anche nella porta successiva: l’insalata sovrasta il pollo e regala un boccone fresco e goloso allo stesso tempo.
Un intermezzo centrato che anticipa due corse principali che mettono ben evidenza la maestria di Mattia nel soddisfare gli occhi ancor prima del palato. Il tagliolino è il piatto della giornata: abruzzese al 200% la combinazione di formaggio del compianto Gregorio Rotolo e zafferano dell’Aquila, con l’onnipresente quota di vegetale data delle erbe spontanee. Il controfiletto di vitellone, invece, è ineccepibile nella sua impostazione classica, forte di una cottura centrata al milimetro.
Saremmo già a posto così, ma veniamo sorpresi da un finale d’impatto: il Montblanc, per ragioni geografiche, è diventato Gran Sasso; la ricotta ha sostituito la panna e dà sapore deciso e verace insieme al leggero amaro dei ceci e al dolce-non dolce della visciola caramellata (ricordo della “scrucchiata” abruzzese). Un dessert di carattere che si distingue nella miriade di portate dolci di cui abbiamo perso memoria, perché non erano assolutamente all’altezza della parte salata.
Nel percorso ci accompagna un capolavoro a km 10 – Loreto Aprutino dista meno di un quarto d’ora di macchina da La Bandiera – che dimostra la metà dei suoi nove anni e sfoggia quella versatilità nell’abbinamento che i grandissimi bianchi – molto più che i grandissimi rossi – riescono ad avere. Lo peschiamo da una carta ben strutturata con ricarichi onesti che invogliano a stappare anche bottiglie importanti.
CONCLUSIONE
Un ’esperienza rilassante, appagante, nella cornice di una casa di famiglia in un angolo defilato e bucolico dell’Abruzzo pedemontano. C’è qualche cosa che si potrebbe migliorare? Forse si: per chiudere il cerchio, bisognerebbe “distendere” un po’ il servizio, spiegare i piatti con più calma, far sentire un po’ più di quel calore che ci si aspetta da un indirizzo “a misura d’uomo”.
Spesa: tra i 90 e i 120 a persona, bevande escluse. Sono disponibili anche dei pacchetti che prevedono il pernottamento nelle stanze del relais.