Torno al relais pedemontano della famiglia Tinari per un pranzo di Pasquetta con i controfiocchi. Sulla cucina non molto da aggiungere rispetto alla visita precedente (recensione qui): quest’insegna si conferma uno dei pochi posti dove il concetto di “rivisitazione” non equivale a sconvolgimenti strampalati che servono solo a “farlo strano” e a darsi arie, ma a un perfezionamento delle ricette tipiche mirato all’alleggerimento. Il “menu del territorio” è un condensato di tradizione abruzzese “snellita” (ma senza edulcorazioni): una sequenza di pietanze classiche – pallotte cac’ e ove, ravioli allo zafferano di Navelli con lenticchie di Caprafico, chitarra al ragù d’agnello e maialino nero da allevamenti propri – che sembrano fatte apposta per sposare i grandi rossi conservati nella cantina monumentale del ristorante (più di 1.300 referenze, di cui 254 regionali).
Ne abbiamo pescati due non facilissimi da trovare altrove, incoraggiati da prezzi molto convenienti: più o meno in linea con quelli a scaffale di qualunque grande enoteca a Roma e dintorni!
Il Montepulciano d’ Abruzzo Colle Vota 2014 di Tiberio è una chicca che dimostra quanto potenziale è andato perduto con l’espianto delle vecchie vigne: da biotipo antico di Montepulciano recuperato attraverso le selezioni massali, sfoggia trasparenze insolite per il vitigno e brilla per freschezza e agilità: snello, succoso di drupe fresche e garbatamente vegetale, di finezza quasi “borgogneggiante”.
Evapora in poco più di mezz’ora e lascio spazio al Barolo Ravera 2008 di Cogno: molto simile dal punto di vista cromatico, ma meno gentile, più ferroso e boschivo; in bocca mostra meno anni di quelli che ha: il tannino ruggente ha appena cominciato a smussarsi e l’acidità scalpitante dà grande slancio al sorso vigoroso, rigoroso, ma non austero, con finale in cui la parte terziaria – tabacco, erbe officinali – fa capolino, senza però spodestare il frutto.
Due vini che, in fin dei conti, hanno molti punti in comune: stilisticamente meno distanti di quanto lo siano geograficamente, votati alla scorrevolezza e alla “trasparenza” (cromatica e aromatica) più che allo sfoggio di muscoli. Il primo sconfessa gli stereotipi – in larga parte giustificati – sul Montepulciano d’Abruzzo: da far provare a chi è rimasto fermo alle versioni massicce e nere come la pece in voga fino a qualche tempo fa; il secondo mette in chiaro il potenziale di Ravera, vigna del comune di Novello che, fino a pochi anni addietro, era pressappoco sconosciuta e che, invece, negli ultimi tempi, è emersa alle luci della ribalta grazie a un manipolo di produttori di spicco (Cogno, Vietti e Vajra in primis) che ne ricavano vini singolari: equilibrati da subito, ma con acidità e spalla tannica necessarie per andare avanti per un ventennio senza cedimenti.
Tiberio – Montepulciano d’ Abruzzo Colle Vota 2014 – 93/100
Elvio Cogno – Barolo Ravera 2008 – 94/100