Tiezzi e la Vigna Soccorso: il Brunello di Montalcino tra passato e futuro

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Sotto i bastioni del borgo di Montalcino, ai piedi del santuario della Madonna del Soccorso, c’è un’azienda bellissima dove si è fatta e si continua a fare lo storia del Brunello. È il Podere Soccorso, oggi di proprietà di Enzo Tiezzi e sua figlia Monica. Qui, a cavallo tra la fine dell’Ottocento e il primo novecento, Riccardo Paccagnini, professore d’agraria, ha prodotto uno dei primi vini con la dicitura “Brunello” in etichetta, e qui, da vent’anni questa parte, nascono vini pazzeschi, emblematici, che rientrano nel novero dei mostri sacri della denominazione, ma rimangono lontani dal clamore mediatico.

Bene le batterie d’assaggio della serie man vs. wine, le degustazioni di 200 campioni in 120 minuti, ma se non si esce dal comfort della saletta e si va a conoscere le persone, finisce che si pensa di saper tutto e, invece, non si è capita una mazza. È per questo che ho deciso di arrivare in anticipo a Montalcino e di andare a fare una visita, che poi si è trasformata in una chiacchierata di quattro ore, prima di rintanarmi nel chiostro di Sant’Agostino. Sono sceso a piedi dalla strada panoramica e beh… c’era un vento da rimanerci secchi, ma che spettacolo la Vigna Soccorso in questa giornata tersa e “friccicarella”!

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La foto rende bene lo splendore del panorama e, se la guardate attentamente, noterete qualcosa di strano: il sistema di allevamento del vigneto non è proprio quello classico della zona. Enzo Tiezzi, infatti, ha optato per l’alberello al posto del solito cordone/guyot. “ La ragione è estetica – mi spiega Monica – l’alberello ci sembrava più bello”. A quanto pare c’ ha azzeccato, tant’è che qualcuno di molto più importante di me ha detto anzi tempo che questa è la singola vigna più suggestiva di tutta Montalcino. Io penso onestamente che sia una dura lotta: ce ne sono di appezzamenti magnifici in zona. Ma questa ha qualcosa di speciale: saranno i contrasti tra il rosso della terra, il verde dei boschi che si estendono sull’altra sponda della valle, il giallo dei campi sul fondo, il grigio delle case di pietra e l’azzurro e bianco del cielo incerto, “a macaja”, direbbero in Liguria. È un paesaggio che pare disegnato, così dannatamente perfetto da non sembrare vero. Chiunque l’abbia creato, da lassù, deve avere uno straordinario senso estetico.

La storia di Enzo Tiezzi è quella di un fattore/cantiniere senza terra, diventato negli anni direttore di alcune aziende di prim’ordine nella zona, che, dopo aver fatto la fortuna dei suoi superiori, ha deciso d’investire tutti i propri risparmi per mettersi in proprio. I primi poderi, Cigaleta e Cerrino, che si trovano nel versante est del comune, vicino alla famosa collina di Montosoli, li ha acquistati nel 1982. Il Podere Soccorso, invece, l’ha rilevato dopo, nel 99’, e ha dovuto rimetterlo completamente a nuovo, perché era disastrato. “ Questo posto ha un valore storico – mi spiega Monica – è appartenuto a un personaggio dimenticato, di cui solo recentemente si è riscoperta la storia, grazie anche alle testimonianze scritte del Sindaco di allora“. Riccardo Paccagnini é stato tra i primi a produrre Brunello insieme a Barbi, Anghirelli, Biondi, Santi e Padelletti. Tra queste mura ha scritto il “Trattato tecnico-pratico di agricoltura ed enologia”, un testo assolutamente pioneristico.

L’aziende si estende per 6 ettari tra versante ovest e nord-est. Come sempre da queste parti, la vigna non è l’unica coltura: in tutti e tre i poderi sono presenti anche ulivi e alberi da frutto. Di recente Monica ed Enzo hanno recuperato anche il podere al di sotto del Soccorso, anch’esso appartenuto a Paccagnini. “ Li giù la pendenza è ancora più estrema, le coltivazioni sono promiscue e, tra le vigne di Sangiovese, c’è anche qualche pianta molto vecchia di Moscadello. La utilizzeremo per produrre il nostro primo vino dolce.” Trattare con prodotti sistemici in un posto del genere sarebbe un sacrilegio, anche perché, con un mesoclima così ventilato ed equilibrato, non ce n’è proprio bisogno. “ Di solito non abbiamo problemi di nessun genere, usiamo anche poco rame e poco zolfo, ma negli ultimi anni è aumentata l’umidità. Il clima di Montalcino è rinomatamente secco, ventilato, ma sta cambiando. Ce ne accorgiamo. Per fortuna qui siamo a 540 metri. Chi sta più basso ha più problemi.”

La cantina è semplicissima: interrata, spartana, con le grandi botti in fila e le vasche di cemento appoggiate sull’altra parete. “ Non controlliamo la temperatura e non aggiungiamo lieviti. Non chiarifichiamo e non filtriamo”. Non usa la parola naturale, ma di fatto Vigna Soccorso e Poggio Cerrino sono tra i Brunelli più presenti nelle enoteche specializzate in vino naturale. E tra i “naturali” di Montalcino, loro sono gli unici a far parte del consorzio. “ Le scelte sono due: uscire dal consorzio o rimanerci e combattere da dentro. Mio padre ha preferito la seconda strada: ha sempre lavorato dall’interno”. Enzo é stato l’artefice del Rosso di Montalcino, che in precedenza era “vino rosso da vigneti del Brunello di Montalcino”. Sotto la sua presidenza, tra il 1983 e il 1988, il piccolino ilcinese ha ottenuto la DOC.

Ci spostiamo nella vecchia casa-cantina in mezzo alla vigna Soccorso, quella dove, a fine ottocento, Riccardo Paccagnini produsse il Brunello che nel 1904 vinse un premio all’esposizione universale di Parigi. Sulla parete spoglia con le pietre a vista troneggiano le fotocopie dei diplomi che aveva portato a casa. Gli originali si trovano nella sede del consorzio. Nella stanza adiacente, c’é un’altra fila di grandi botti: “ Non so di che dimensioni fossero le botti che usava Paccagnini, ma questo posto è rimasto praticamente uguale. La cantina era proprio così come la vedi ora”.

Ci sediamo al tavolo, io degusto e, nel frattempo chiacchieriamo del più e del tempo. Si parla in particolare degli sviluppi recenti di Montalcino, dell’influenza della critica e dei grandi investitori. Come ho già detto nel report su Benvenuto Brunello OFF, i vini di Tiezzi sono sempre stati sottovalutati dai wine critics americani e dalle grandi guide, che di media preferiscono interpretazioni più moderne, più immediate (possiamo dire più ruffiane?!) . La tendenza, però, è cambiata negli ultimi anni: il Vigna Soccorso in particolare ha cominciato a ricevere l’attenzione che merita, soprattutto dalla stampa italiana. “ Lo vedi l’attestato – mi dice Monica, indicando la fotocopia del diploma di Paccagnini – quelle bellissime figure liberty sono le stesse che trovi sulla nostra etichetta. Le abbiamo recuperate insieme a Gabriele Gorelli, il nostro master of wine, che ci assiste con il suo studio di design. È la più antica etichetta di cui si abbia traccia a Montalcino”. Succede sempre così nel mondo del vino: chi rimane indietro, perché non vuole rinunciare alle reliquie della tradizione, che si tratti di un’etichetta retro o di una vecchia botte, patisce l’anima sua per un certo periodo e poi, tutt’a un tratto, scopre di essere quasi all’avanguardia. Lo comprendo e mi rendo conto che, fino a qualche tempo fa, avrei parlato dei vini di Enzo e Monica come di Brunelli “vecchio e stile” e, invece, la sensazione che avuto questa volta è che si tratti dei vini più contemporanei tra quelli che ho assaggiato a Benvenuto Brunello. Non tutti riescono a capirli, ed è bene che sia così, perché il prezzo a franco cantina è ancora estremamente abbordabile. Per meno di 40 euro, si portano a casa dei vini notevoli e – cosa ancor più importante – capaci di invecchiare egregiamente.

Gli assaggi:

Rosso di Montalcino 2019

“‘Irrosso” dell’uomo che ha inventato la tipologia esibisce una veste classica, lucente e molto trasparente, che prefigura già la succosità di un profilo diretto, essenziale. Ribes rosso e mora, violetta, arancia sanguinella e un tocco di sottobosco plasmano una progressione schietta, dinamica, scorrevole, ritmata da un tannino fluido e piccante di spezie ed erbe aromatiche in chiusura. Decisamente sfizioso.

90/100

Brunello di Montalcino Poggio Cerrino 2015

Garbato, non troppo muscolare, sfoggia aromi freschi da versante nord-est di liquirizia e anice stellato, creme de cassis, cacao, qualche cenno di spezia dolce e di tabacco. E’ snello e fluido, scuro di sottobosco e balsamico, preciso nell’allungo di buona persistenza su ritorni d’arancia sanguinella. Trascende i canoni dell’annata, che di media ha dato vini più cicciotti, e scende giù che è una meraviglia.

93/100

Brunello di Montalcino Poggio Cerrino 2016

Affumicato, ematico, boschivo, con il frutto nero e acidulo in evidenza e una bella vena floreale; non si lascia andare in questa fase, ma quel poco che offre è molto interessante. Il sorso è dritto, sanguigno, saporito. Anche in questo caso la bevibilità è pazzesca, ma vale la pena di lasciarlo da parte e tornarci sopra tra qualche tempo.

93+/100

Brunello di Montalcino Vigna Soccorso 2016

Sempre una certezza. Se lo conosci, lo riconosci tra centro vini, perché abbina la scapigliatura, la verve animale del Brunello tradizionale – e naturale – a toni stravaganti, più unici che rari, di botanicals da Vermouth e scatola di sigari, gelsi e ciliegie, mallo di noce. E’ pieno senza essere massiccio, polposo di mora e mirtillo maturo e slanciato nella chiosa come l’altimetria importante – 540 metri s.l.m. – impone. Rientra nel novero dei mostri sacri della denominazione, ma continua ad avere un prezzo assolutamente abbordabile.

96/100

Brunello di Montalcino Vigna Soccorso Riserva 2015

Registro più scuro ed evoluto: pellame, humus, tabacco da pipa, eucalipto, legno arso e kirsch. Il sorso è ricco, carico di frutto molto maturo in pieno stile 2015, ma riesce a stare in piedi grazie a tannini muscolosi, astringenti al punto giusto, all’acidità ben dosata e a un rimando mentolato di fondo che rinfresca ed alleggerisce l’insieme. Indubbiamente il miglior Brunello Riserva sotto i 50 euro.

96/100

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