Assaggiare i Brunello di Montalcino Riserva 2016 dopo aver affrontato una degustazione plenaria delle 2017 è stata una passeggiata di salute.
C’è veramente poco da dire: queste riserve confermano che si è trattato della migliore annata da inizio millennio, superiore anche alla quotatissima 2010. Chi ha prolungato l’affinamento in botte e in bottiglia senza strafare ha prodotto, nella maggioranza dei casi, vini di assoluto spessore destinati a durare decenni.
Sulla tipologia Riserva, però, vale la pena di spendere due parole, perché sta vivendo un periodo convulso. Tante aziende hanno rinunciato a produrla e l’hanno rimpiazzata con altre etichette haut de gamme. Le ragioni della scelta sono molti semplici: la prima e più importante è il successo dei Brunello da singola vigna, che hanno scalzato questa categoria apicale, facendo incetta di premi e di encomi della critica internazionale. La seconda è che le annate adatte alla produzione della Riserva sono sempre di meno: con il cambiamento climatico si tende a perdere il frutto, la freschezza già nel Brunello base, figuriamoci in un vino che per disciplinare deve stare più tempo a riposo.
La 2016, però, ha date acidità sostenute, integrità di frutto, e proprio per questo le riserve 2016 sono particolarmente convincenti. Di vini stanchi, un po’ eccessivi, con toni ossidativi e sorsi poco scorrevoli, ne abbiamo trovati molti meno che nelle annate precedenti. Semmai il “difetto” delle riserve 2016 è che, in alcuni casi, appaiono paradossalmente meno concessive dei Brunello d’annata, ma questo è un problema passeggero – legato anche all’assaggio in anteprima- e, in prospettiva, potrebbe essere un punto a loro favore.
Un capitolo a parte è quello relativo alle “Super-riserve” (o Gran Riserve, utilizzando un termine diffuso in Spagna), ovvero le versioni tenute da parte per cinque o dieci anni in più del previsto . A Barolo se ne producono già parecchie – anche se in pochi esemplari – ed esiste già una cerchia di aficionados alto-spendenti che le scelgono per risparmiarsi la briga di tenere in cantina le annate più giovani. A Montalcino, invece, si contano ancora sulle dita di una mano, ma il Dieci Anni de Le Chiuse, presentato assieme alle 2016, ci dimostra che è una strada che vale la pena di percorrere.
IL REPORT COMPLETO SUL BRUNELLO DI MONTALCINO RISERVA 2016
BRUNELLO DI MONTALCINO 2017: I MIGLIORI VINI DELL’ANNATA PIU’ DIFFICILE
10. Palazzo
Una bella scoperta la Riserva di quest’azienda che francamente conoscevo poco. La zona è quella subito sotto il paese, nel versante Est. il profumo di caffè in grani e cuoio, giuggiole, legno arso, balsamicità in crescendo. A un naso intrigante corrisponde un sorso di gran classe, con frutto ricco, cremoso al centro e tannini serrati, travolgenti a fare da contraltare. Notevole l’equilibrio tra durezze e parte morbida, soave e di ampio respiro il finale balsamico e floreale. Veramente ben fatto!
94/100
9. Padelletti
Una realtà storica, che produce Brunello degli albori, ma che negli ultimi anni ha messo il turbo e oggi forgia vini tra i più entusiasmanti di tutta la denominazione. La Riserva 2016 viene dopo un Brunello d’annata stratosferico – già inserito tra i migliori di Benvenuto Brunello OFF – e sa di bosco e grafite, sandalo ed eucalipto, nocciola tostata e chiodo di garofano. Ha grande polpa e tensione di fondo, sapidità che sferza e conquista, ritorni fruttati e balsamici nel finale garbato e profondo.
94/100
8. Castiglion del Bosco – 1100
Generalmente non sono un grandissimo fan dei vini della famiglia Ferragamo a Montalcino, ma su questa referenza non c’è nulla da eccepire. Aromi di sambuca e lavanda, violetta, mirtilli e giuggiole, incenso ed eucalipto profilano un naso veramente coinvolgente. La materia sontuosa viene bilanciata da un guizzo sanguigno a contrasto; l’eco balsamica dà soavità e piacevolezza all’insieme e al finale garbato, suadente, molto lungo.
95/100
7. Ciacci Piccolomini d’Aragona – Santa Caterina d’ Oro
Bosco e toni animali – quasi cinghiale in dolceforte – mela rossa e mentolato, sambuco, finocchietto selvatico. Polpa ricchissima e tannino forte a contrasto, salinità vigorosa, potenza magistralmente gestita. Finale notevole su toni di arancia sanguinella. La famiglia Bianchini, proprietaria di questo podere storico sul versante “maremmano” della denominazione, non ne sbaglia una.
95/100
6. Renieri
Un’azienda in crescita costante quella ilcinese della famiglia Bacci, già proprietaria del Castello di Bossi nel Chianti Classico. Il Brunello 2016 annata si è guadagnato i favori dei critici anglosassoni; a occhio a croce, la Riserva farà anche meglio. Cacao e grafite, erbe aromatiche e arbusti spezzati delineano un profilo austero, ma di gran classe. Il sorso è potente, travolgente, con tannino arrembante e acidità sferzante, frutto croccante e immaturo che dà pienezza e sfuma nel finale ematico e salato.
95/100
5. Uccelliera
Forse l’azienda che mi ha stupito di più in quest’edizione di Benvenuto Brunello: buonissima la 2017, ma la 2016 è su di un altro livello. Classica nelle sue trasparenze, sa di liquore al cassis e melagrana, legni balsamici, rosa rossa e lavanda, boiserie e mentolo. E’ cremosa e spigliata, con alcol percettibile ma ben gestito e tannino insistente, poi viola, pepe, sandalo, tracce ematiche e balsamica nel finale di somma piacevolezza.
96/100
4. Poggio di Sotto
Poco da dire su Poggio di Sotto: è tra le aziende più quotate dell’intero panorama ilcinese, osannata dagli appassionati al pari se non di più Biondi Santi. Le grandi aspettative sono presto confermate da un profilo giocato su sensazioni di tabacco mentolato e sandalo, lavanda, ginseng, rabarbaro, confettura di lamponi. Parte piano e poi cresce. In bocca evidenzia maturità e ricchezza, allegra speziatura di fondo ed erbe aromatiche, salinità trascinante e tannini fitti, frutto ampio e succoso che profila il finale non esplosivo, ma di estrema finezza. Ritorno agli standard dell’azienda dopo un 2017 in tono minore.
96/100
3. Tiezzi – Vigna Soccorso
Il 2016 è stato un anno magico per Enzo e Monica Tiezzi: oramai non c’è nessun dubbio a riguardo. Il Vigna Soccorso Riserva ha un naso semplicemente meraviglioso: scatola da sigari e ciliegia nera, sandalo, legno di rosa, lamponi e mirtilli rossi, macchia mediterranea sullo sfondo. Il sorso è struggente, saporito di arancia rossa e alloro, con tannino filigranato e rimandi aromatici suadenti, persistenza notevole tra frutto, bosco e mineralità. Eccezionale!
96/100
2. San Lorenzo – Bramante
E anche Luciano Ciolfi di San Lorenzo ha tirato fuori una Riserva da tenere in cantina ad infinitum. Il suo Bramante è scuro e stratificato: caffè, radici, humus, mirtilli e more immature, cola, cenni affumicati e di tabacco. La dinamica è maestosa, sontuosa; il tannino sostiene la progressione imponente, ma non monolitica. E’ un giovincello pimpante, rabbioso con stoffa da fuoriclasse evidenziata anche dal finale lunghissimo su toni di sottobosco e fruttini neri succosi. Capolavoro in fase embrionale.
97/100
1. Pietroso
Quello che gli americani chiamerebbero il “best in show”: il vino che ti rimane scolpito nella memoria, più ammaliante e compiuto di tutti gli altri (anche se la lotta è stata dura…). Il profumo è di ribes rosso e mirtilli selvatici, carne grigliata, nocciola e noce moscata, liquirizia e spezie orientali in crescendo. Il tannino perfetto dà la terza dimensione a un sorso spettacolare: sanguigno e mentolato, speziato e carico di frutto puro, rugiadoso, con finale che ripropone tutti gli aromi in sequenza. Magnifico adesso, ma il meglio deve ancora venire…
98/100
BONUS TRACK:
Le Chiuse – Dieci Anni 2012
Mallo di noce e radici, sottobosco, viola e Iris, cuoio, sandalo e liquirizia, resina di pino, menta e tabacco da pipa. E’ potente, voluminoso, boschivo ed ematico, con tannino filigrinato, buona acidità di fondo, ritorni di tabacco e di erbe aromatiche che allungano il finale di notevole precisione e profondità. Se fosse un pelino più grintoso ed integro nel frutto, sarebbe un capolavoro assoluto. Resta, in ogni caso, il miglior vino dell’annata 2012 che ho assaggiato fino a questo momento.
96/100
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