I colli, il famoso santuario, la vista sulla pianura con Milano sullo sfondo. Boca non è solo l’avamposto del vino piemontese più vicino al capoluogo meneghino, ma anche uno dei luoghi del vino più affascinanti d’Italia.
In questa cittadina dell’Alto Piemonte, si è festeggiato a giugno dello scorso anno il quarantesimo compleanno dell’azienda Podere ai Valloni, realtà che, con la guida di Anna Sertorio, è diventata alfiere del movimento enoico di Boca. Insieme ad un paio di colleghi, ho avuto la fortuna di partecipare a quest’evento e di approfondire la conoscenza, oltre che dell’azienda, di tutto il comprensorio circostante.


Giunti in loco e attesi i compagni di festeggiamenti, cominciamo la nostra esplorazione della tenuta; è proprio Anna a guidare la visita alla proprietà e, nel tragitto verso la vigna, ci racconta di aver deciso di abbandonare la professione forense dopo vent’anni di esercizio per potersi dedicare interamente all’azienda fondata dal padre Guido quarant’anni fa.
Il territorio di Boca, insieme a quello di Gattinara e parte di quello di Bramaterra, poggia su suoli vulcanici, frutto del collasso del mastodontico super-vulcano della Valsesia avvenuto circa trecento milioni di anni fa; questi suoli rosso violacei, composti da porfidi e rocce friabili, insieme alle importanti escursioni termiche, contribuiscono a regalare al vino di Boca un bouquet aromatico particolarmente fine ed elegante.
Durante la passeggiata tra i filari la nostra guida ci racconta che il panorama di Boca è notevolmente mutato nel corso degli anni: all’inizio del XIX secolo gli ettari vitati in questa parte di Piemonte erano 9000, per poi ridursi a poco più di una decina negli anni 70 del secolo scorso. Oggi la viticoltura è tornata ad affacciarsi su queste colline e, al momento, si contano circa 900 ettari vitati.
Al netto di tutto, il panorama di Boca rimane tra i più affascinanti: la vista si perde tra vigne piantate su colline scoscese, con pendenze del 30%, alternate a rigogliose zone boschive e, nelle giornate particolarmente terse, dalla tenuta di Podere ai Valloni si possono scorgere in lontananza i grattacieli di Milano.
I vitigni coltivati su questi pendii, spiega Anna, sono Nebbiolo, Vespolina e Uva Rara, tutti e tre necessari per produrre il Boca DOC. La ragione per cui in queste zone del Piemonte si è preferito un blend ad un Nebbiolo in purezza risiede nella storia dell’economia contadina: per ottimizzare la produzione il vignaiolo era solito piantare Uva Rara, vitigno assai resistente, laddove nebbiolo e vespolina non avrebbero dato risultati ottimali, vinificando poi insieme il frutto del raccolto.
La conduzione agronomica dei 3,5 ettari dell’azienda è, dal 2014, certificata biologica e, da qualche anno a questa parte, sotto la guida dell’enologo Luca Faccenda, sono cominciate nuove sperimentazioni in cantina con l’introduzione di lieviti indigeni e una vinificazione sempre più attenta, volta a ridurre drasticamente l’utilizzo di solfiti.

Benché da disciplinare la resa consentita sarebbe di 80 quintali per ettaro, Podere ai Valloni si limita a 50 per una produzione annua di circa 10.000 bottiglie. Scontato ricordare che l’eventualità di acquistare uve da terzi non è presa in considerazione.
Durante la passeggiata, La Sertorio sottolinea che tra i grandi problemi della denominazione Boca c’è il fatto che non tutti i produttori escono con la stessa annata insieme e questo, inevitabilmente, genera confusione sul mercato.
Al termine della visita al vigneto veniamo guidati in un salone dell’antica casa padronale dove, ad attenderci, c’è Cristiana Sertorio, madre di Anna, e cofondatrice dell’azienda, con Fabrizio Gallino, collaboratore SlowWine e grande esperto di Alto Piemonte, che, di lì a poco, guiderà la degustazione.
Gli assaggi:
Caluòt 2016
prima annata per questo nebbiolo “base”, frutto di fermentazione spontanea e con un ridotto contenuto di solfiti. Vino minerale e dal tannino graffiante, al naso presenta aromi fruttati e un leggero richiamo speziato. Profumi varietali, tipici di un nebbiolo con pochi anni alle spalle.
86/100
Sass Russ 2017
Questo Colline Novresi DOC, composto da 50% nebbiolo e 50% uva rara, dopo una macerazione di 4-5 giorni, matura per sei mesi in acciaio prima di concludere l’affinamento in bottiglia. Il richiamo ai classici frutti rossi è evidente, la beva è agile e snella, il tannino vibrante dona carattere al sorso. Un vino verticale che sorprende per persistenza.
88/100
Gratus 2017
Anche in questo caso si tratta di un Colline Novaresi DOC, 85% nebbiolo e 15% Vespolina, macerazione 7-9 giorni e affinamento in botti grandi di rovere per 8 mesi. Sentori vagamente Boisè si intrecciano a mora e violetta. Forse la beva potrebbe regalare più soddisfazioni tra qualche anno, il tempo necessario perché il legno si fonda completamente con il vino.
86/100
I secondi tre assaggi sono dedicati al prodotto di punta dell’azienda, il Boca Vigna Cristiana, per il quale è previsto un affinamento di 36 mesi in botti grandi di rovere e 12 mesi in bottiglia. L’assemblaggio è composto da: 70% nebbiolo, 20% vespolina e 10% uva rara.
Boca Vigna Cristiana 2011
Il primo naso è definito da un frutto maturo che, pian piano, lascia spazio a sentori di pepe nero e chiodi di garofano. Con più calma emergono ricordi di petali di rosa appassiti. In bocca l’acidità sostiene il sorso e la trama tannica regala una struttura in grado di sopportare piatti elaborati. Il finale è sapido, il sorso lungo.
89/200
Boca Vigna Cristiana 1994
Bottiglia che dimostra come il Boca non tema, nel modo più assoluto, la prova del tempo. Il millesimo 94’ si presenta in forma smagliante e regala al naso aromi di spezie natalizie, sigaro, frutta sotto spirito e pot-pourri di petali secchi. Un vino profondo che in bocca sprigiona una potenza quasi inaspettata, minerale e avvolgente, piacevolmente evoluto.
92/100
Boca Vigna Cristiana 1983
La prima annata prodotta da Podere ai Valloni racconta l’inizio di un percorso che dura da quarant’anni. Un naso stratificato in continua evoluzione si apre con una nota affumicata che ben presto lascia spazio a sentori balsamici di eucalipto, menta e ciliegia matura; i profumi fugaci che si rincorrono lasciano anche intuire un’ombra leggera di arancia sanguinella. Nonostante i quasi quarant’anni di vita, il vino in bocca rimane fresco e vibrante, guidato da una mineralità suadente e da un tannino vellutato.
Dare un punteggio ad un vino simile risulta assai arduo poiché scindere la bevanda dalla storia che le si cela dietro garantirebbe una visione soltanto parziale e, forse, distorta della bottiglia; credo che, in questo caso, il titolo di “fuori categoria” sia un giudizio molto più accurato perché talvolta alcune bevute riescono, in certi casi, ad andare ben oltre il sorso, e il Vigna Cristiana, bevuto il giorno del compleanno dell’azienda, ne è la dimostrazione lampante.
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