Arriva un acquazzone nel bel mezzo dell’estate e tiro fuori il maglioncino di cotone, la lombatina da fare al forno con le patate e un vino rosso che si faccia bere senza troppi problemi.
Nel trasloco temporaneo dalla città alla provincia avevo portato questo Rosso della Gobba di Raina, blend di uve Montepulciano, Sangiovese e “ Storico Autoctono di Montefalco” (alias Sagrantino, ma per qualche motivo non lo si è voluto o potuto nominare).
Trattasi di vino base di un’azienda biodinamica/naturale (e aderente al collettivo V.A.N.) che produce anche Rosso di Montefalco, Sagrantino e Vermouth. Affina 12 mesi in cemento e 6 mesi in bottiglia prima di essere rilasciato.
Lo stile “nudo e crudo” del produttore è riflesso dal naso non esente da qualche cenno riduttivo e da una sfumatura animale, che, però, lascia trapelare anche aromi più puliti di visciola e spezie dolci, china ed erbe officinali. Il sorso scorre fluido, sanguigno e salivante, sfiorato da un tannino accentuato dal Sagrantino, ma comunque abbastanza disinvolto.
Nulla di memorabile in fin dei conti, ma sulla sopraccitata lombatina fa la sua porca figura. E poi, come dice la retroetichetta, si tratta di vino “da non da degustare, ma da bere” e in effetti, più che per degustarlo, l’ho stappato per berlo ed abbinarlo…
Punteggio: 86/100
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Raina – Rosso della Gobba 2018
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