Continua la saga dedicata ai grandi bianchi italiani e, dopo i “vini di mare” dei Campi Flegrei e della Costa d’Amalfi, si passa ai “vini di lago”, con la seconda edizione romana della kermesse dedicata al Lugana, il grande bianco delle sponde gardesane.
Un vino che racchiude in sé alcuni dei punti salienti della viticoltura lungo tutto lo stivale: è prodotto da un vitigno, la Turbiana, che ha strette parentele con il Verdicchio, in un territorio nel mezzo della pianura padana, che, però, ha un clima in tutto e per tutto mediterraneo. Condivide con i bianchi del Sud e del Centro Italia la versatilità, la capacità di venir bene sia fermo che spumante, sia secco che abboccato, ma poi, alla prova dell’assaggio, rivela un’anima decisamente nordica, con profumi che, soprattutto in evoluzione, ricordano quelli di un grande Riesling di una zona più mite climaticamente della solita Mosella, come ad esempio il Palatinato.
Sarà per questo, oltre che per la zona specifica di provenienza, che il Lugana è popolarissimo in Germania, Austria, Svizzera e in tutto il resto della Mitteleuropa, mentre da Bologna in giù lo conoscono in pochi e lo bevono ancora in meno. “ Un problema al quale bisogna ovviare – specifica un produttore ai banchi d’assaggio – una denominazione non può dirsi commercialmente forte se non ha una presenza capillare nel proprio paese”.
Il Lugana in breve
La DOC Lugana si estende per circa 11 km dalla riva meridionale del Garda al primo entroterra lacustre. La zona ha un profilo prevalentemente pianeggiante con suoli di matrice morenica derivanti dallo scioglimento di antichi ghiacciai. Politicamente ricade per due terzi nella provincia di Brescia e per la restante parte in quella di Verona, ma nei libri e nelle carte dei vini è quasi sempre erroneamente inserita nella sezione Veneto. Il clima è mediterraneo, perché il Garda ha la stessa influenza sui terreni circostanti di un piccolo mare. Non a caso, la vigne sono spesso affiancate da agrumeti ed oliveti che scompaiono immediatamente più a nord.
Il disciplinare della DOC Lugana prevede l’utilizzo della Turbiana, uva anche nota come Trebbiano di Lugana, che, secondo recenti studi genetici, sarebbe stretta parente del Verdicchio. “ Sono vitigni cugini – spiega Daniele Cernilli, chiamato dal consorzio a raccontare il Lugana a stampa e operatori – il legame è simile a quello che c’è tra Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc”.
La denominazione ammette le tipologie Spumante, Annata, Superiore, Riserva e Vendemmia Tardiva. Ovviamente l’Annata la fa da padrone sul piano commerciale, rappresentando la stragrande maggioranza della produzione totale, ma sono abbastanza diffuse anche le versioni effervescenti ( sia Metodo Classico che Charmat). Di contro, la Riserva costituisce una nicchia di mercato abbastanza piccola e la Vendemmia Tardiva è quasi un unicorno: tra i banchi d’assaggio ce n’erano giusto un paio.
Il dato più importante è che la doc Lugana è tra quelle che sono cresciute di più in assoluto nell’ultimo ventennio: circa 24 milioni le bottiglie commercializzate quest’anno; erano 17 quattro anni fa e meno di 5 nel 2010. Gli ettari vitati sono passati da 1000 nei primi anni 2000 a oltre 2500. Merito innanzitutto del grande exploit turistico del Lago di Garda, amatissimo dai vacanzieri del centro Europa, che consumano in loco una porzione molto significativa della massa. E poi di un grande lavoro fatto in tutti i principali mercati esteri: non solo quelli germanofoni, ma anche Stati Uniti, Inghilterra, Estremo Oriente e via discorrendo.
Chiaramente il successo commerciale ha portato alle stelle la redditività agricola e quindi anche i prezzi medi dei vigneti, con quotazioni che superano i 300.000 euro l’ettaro. Cifre che rendono molto difficile la creazione di aziende da zero. In compenso, però, ne sono state fondate molte da ex-conferitori che si sono messi in proprio, e ci sono anche produttori di zone vicine – come la Valpolicella – che hanno deciso di allargarsi e cominciare a produrre Lugana. Insomma, non sarà la denominazione più dinamica in assoluto sul fronte del “garagismo”, ma qualche novità la si trova.
Impressioni generali sul Lugana
La fortuna commerciale, con un prezzo medio di uve, mosti e vini finiti ben oltre la media nazionale, corrisponde effettivamente a una qualità trasversalmente alta e, soprattutto, ad una costanza stilistica estrema. I Lugana annata sono vini tecnicamente ineccepibili, con profili che fanno forza sulla linearità, sulla freschezza agrumata e vegetale abbinata a una polpa fruttata più o meno ricca che dà spessore e rende facile l’abbinamento con pesce di lago o di mare. Forse quello che manca alle volte è un pizzico d’estro e d’originalità, ma la ragione di tutto ciò sta nella decisione dei produttori di rimanere fedeli ad un modello produttivo e commerciale che funziona benissimo.
Questo per ciò che concerne i vini giovani, freschi d’immissione in commercio, ma tutti i grandi bianchi vanno testati nel tempo oltre che nell’immediato. Ed è qui le cose cambiano, perché anche il Lugana d’ annata più tecnico – preciso, diretto, ma poco avvincente sulle prime – cambia pelle a un paio d’anni dalla vendemmia e dà adito a sensazioni molto più intriganti che, come detto già sopra, ricordano il Riesling.
Il problema, però, è di vino “invecchiato” se ne trova molto poco: i produttori riescono a vendere quasi tutto a distanza di pochi mesi dall’ingresso in commercio. E allora sta a noi – addetti ai lavori o semplici appassionati – il compito di comprare adesso (a prezzi relativamente modici) a bere più avanti.
Qui una selezione di etichette convincenti e qualche “chicca” che testimonia il potenziale evolutivo del Lugana:
Ca’ Maiol – Lugana Prestige 2021
Cominciamo da un’etichetta ampiamente diffusa su larga, prodotta da un’azienda che possiede circa 160 ettari in zona. Un vino d’annata molto essenziale che, per un prezzo che oscilla tra gli 11 e 13 euro, offre un’espressione didattica ma non banale del Lugana. I profumi richiamano il biancospino, la mandorla bianca, l’erba falciata, frutta estiva come melone e pesca noce e un’idea di fiori bianchi. Il sorso è di medio corpo; scorre dritto e disinvolto tra guizzi citrini e vegetali, qualche idea di frutta più matura e un accento sulfureo che diventa più evidente nella chiusura di buona persistenza. Da sbicchierata.
90/100
Cascina Maddalena – Lugana 2021
Una versione di un’azienda ben più piccola che ha preso la decisione coraggiosa – e molto apprezzata nei paesi del Nord Europa – di imbottigliare tutto con tappo a vite. Scelta molto condivisibile, soprattutto nell’ottica di un consumo non immediato. Per ora il vino rimane molto lineare e sintetico al naso – bergamotto e maggiorana, pera abate e pietra focaia – ma ha nerbo, slancio, equilibrio allettante e allungo convincente. Una magnum della 2020 servita subito dopo dimostra che, nell’arco di un anno, comincia ad assestarsi, ma il meglio non verrà prima un paio d’anni, forse tre.
90+/100
Avanzi – Lugana Brut
Dei diversi Metodo Classico assaggiati, nemmeno uno mi ha convinto fino in fondo. E allora, se proprio bisogna scegliere un Lugana spumante, meglio un prodotto meno ambizioso – ma più compiuto – come questo Charmat Lungo (8 mesi sui lieviti) con dosaggio molto basso (4 g/l). Mantiene intatte le caratteristiche del vitigno, con note di pera matura e pesca gialla in prima linea, seguite da lemongrass e ginestra, qualche ricordo sulfureo. Ha una bocca asciutta e incalzante, scandita da un’effervescenza tonica – ma non aggressiva – che lo rende piacevolissimo come aperitivo, magari con un finger food di pesce.
90/100
Borgo La Caccia – Lugana Inanfora 2021
Anche qui, nella miriade di bianchi fatti in acciaio, la vinificazione in anfora comincia a farsi strada. E il dato positivo è che il passaggio di 8 mesi in terracotta non va a snaturare i caratteri tipici di vino e vitigno; c’è solo una sensazione di maturità più evidente, con la frutta che vira sulla nespola e sul mandarino, e una polpa più ricca al palato che rimane comunque integro e ben calibrato, con guizzo citrino e di erbe aromatiche che allunga il finale preciso e rinfrescante.
91/100
Pasini San Giovanni – Lugana Busocaldo Riserva 2018
La tipologia “Riserva” non gode di grandissima popolarità, se non in una stretta cerchia di appassionati. Eppure il vino guadagna molto in espressività con il tempo, soprattutto se lo si lascia riposare per più di un anno in acciaio (e non nel legno, che tende a marcare un po’ troppo). Lo conferma questa versione di azienda “ socia FIVI dagli albori”, che contravviene i soliti canoni di linearità e pulizia per giocare su sensazioni più chiaroscurate, di pepe bianco e tabacco biondo, miele, nocciole tostate in uno stile che occhieggia ai bianchi maturati d’oltralpe. Rimane comunque dritto ed energico al sorso, ma con ritorni mielosi accattivanti e un’eco minerale che dà carattere e incisività.
92/100
Tenuta Roveglia – Lugana 1996
Non una Riserva e nemmeno una “late release”, ma semplicemente una vecchia bottiglia gentilmente servita da un produttore per dimostrare il potenziale evolutivo del Lugana. Il colore è ancora vivace, dorato ma senza derive ossidative, e il profumo fa subito pensare a un grande Riesling, con toni potenti di idrocarburo che si alternano a ventate di mela cotogna, marzapane, cioccolato bianco, un’idea in sottofondo di funghi porcini. L’evoluzione è marcata, ma non soverchiante; il frutto ha lasciato spazio a spezie a miele, ma rimangono l’acidità intatta e la matrice salina-idrocarburica a dare piacevolezza e tempra quasi “germanica”. Non nasconde gli anni, ma li porta alla grande!
93/100