La Campania del vino vive una strana dicotomia: da un lato il movimento bianchista che cresce e conquista consensi e trofei, dall’altro il fronte dei rossi che è rimasto parecchio indietro.
Non che da queste parti non si trovino vini rossi eccezionali: molti degli alfieri del rinascimento enologico del Sud Italia sono nati proprio tra Irpinia, Sannio, Colli di Salerno e Roccamonfina. Ma in qualunque degustazione di Aglianico, Pallagrello e compagnia bella emerge un guazzabuglio di etichette degne di nota frammiste ad altre troppe spinte sul legno e sulla sovramaturazione e qualcuna che appare già stanca all’esordio.
Si discuteva con i colleghi a Campania Stories del fatto che, con tutta probabilità, il problema è alla radice: l’Aglianico, uva rossa cardine di tutto il meridione peninsulare, è una bestia difficile da domare e sembra che in molti cerchino ancora di strafare, di estrarre tutto l’estraibile nella speranza di ottenere il “vinone” che impressiona. La strada giusta, invece, è quella diametralmente opposta: anziché forzare, bisogna cercare di mitigare l’esuberanza del vitigno, tentando via “dell’infusione” piuttosto che dell’estrazione, ricercando la massima pulizia in vigna e cantina ed evitando derive ossidative. Chi riesce a far questo tira fuori vini che hanno poco da invidiare ai mostri sacri del Centro, del Nord e d’Oltralpe. Detto questo, il dato più importante che emerge dalla batteria di assaggi a Campania Stories é l’exploit del Piedirosso, vino in passato considerato “imbevibile”, storicamente piagato da problemi di riduzione e diluizione legati alle vinificazioni alla bell’e meglio, che, negli ultimi anni, è risorto dalle ceneri vulcaniche dei Campi Flegrei e si è affermato come rosso leggero, da pesce o da pizza, agli antipodi rispetto all’Aglianico massiccio, imponente e proprio per questo molto in linea con il gusto contemporaneo. Non esagero se dico che si tratta del “vino del futuro”: la crescita qualitativa è assolutamente notevole e sono sicuro che nei prossimi anni ne sentiremo parlare di più anche al di fuori dei confini regionali.
Sul fronte del caro vecchio Aglianico, invece, i territori nei quali si nota un certo fermento sono Cilento e Taburno. Non fraintendetemi: anche in queste zone l’andamento è altalenante, ma in Cilento sta nascendo un movimento di piccoli e medi produttori che riescono a produrre vini evocativi del territorio mediterraneo – calorosi, ma non caricaturali – e nel Taburno l’incidenza di produttori che riescono a gestire egregiamente questo cavallo pazzo, ricavandone vini equilibrati e raffinati, è sopra la media regionale . Regalano soddisfazioni anche i “piccolini” dell’Irpinia, come gli Irpinia Campi Taurasini, che di media sono più semplici, ma più aggraziati e quindi più centrati dei Taurasi. Sul fronte del gigante irpino, invece, continuano ad esserci problemi di costanza qualitativa, stilistica e interpretativa. La prima causa di ogni male è l’anarchia produttiva: il disciplinare consente di commercializzare il vino a partire dal quarto anno, ma le aziende tendono a fare tutte di testa loro. E se in alcuni casi la scelta di ritardare l’immissione in commercio si rivela azzeccata – penso, ad esempio, al Taurasi di Perillo – in altri l’affinamento prolungato implica un decadimento prematuro della parte fruttata che va ad inficiare la scorrevolezza del vino.
Altro discorso è quello relativo ai cosiddetti autoctoni “minori”. A mio avviso, l’emergente che potrebbe accodarsi al Piedirosso è la Camaiola, varietà anche nota come Barbera del Sannio, che, però, con l’autoctono piemontese non ha nulla a che fare. Parliamo, infatti, di una varietà semi-aromatica con caratteristiche simili alla Lacrima e all’Aleatico, capace di dare vini leggeri, profumati, estremamente godibili nell’arco di tre-quattro dalla vendemmia.
Buone, in conclusione, le prospettive per Pallagrello Nero, Casavecchia, Tintore, Aglianicone e via discorrendo. Chiaramente si parla di varietà che, allo stato attuale, hanno uno, massimo due interpreti degni di nota, ma la sensazione è che, negli anni a venire, ne vedremo delle belle anche su questo fronte.
I MIGLIORI VINI
Carputo – Per’ e Palummo 2019
Assaggiato due volte: in degustazione e poi sui crudi di mare a Pozzuoli. E’ tutto giocato sul frutto di bosco rugiadoso, suadente, succoso, incorniciato da qualche accento speziato. Non è particolarmente complesso… ma che piacevolezza!
90/100
Stefania Barbot – Campi Taurasini Aglianico Ion 2018
Un Taurasi in miniatura che sa di ribes rosso ed erbe officinali, china, grafite. E’ snello e grintoso, tannico quanto basta e di nuovo balsamico nel finale balsamico e speziato. Ha poco da invidiare alla maggioranza dei Taurasi in degustazione.
91/100
Fontanavecchia – Aglianico del Taburno Grave Mora Riserva 2012
Caffè in apertura, poi lampi di frutto rosso maturo – anche in composta – sottobosco ed erbe officinali, un accenno di goudron. E’ complesso ed evoluto, ma tutt’altro che stanco. Il tannino morde ancora e ravviva una progressione equilibrata, ricca di rimandi affumicati e speziati nel finale decisamente profondo.
91/100
Contrade di Taurasi – Taurasi Vigne d’Alto 2015
Tabacco e giuggiole, menta, grafite, erbe officinali. E’ più sottile e nerboruto del precedente, tonico d’agrume rosso e scandito dal tannino pulsante, salivante. Ha bisogno di un po’ tempo per assestarsi, ma la materia ma è quella giusta.
91/100
Marisa Cuomo – Furore Rosso Riserva 2017
Un po’ amalfitano e un po’ bordolese: esprime aromi raffinati e golosi di mirtilli schiacciati, erbe officinali, mirto, mentolo e qualche accenno di tostatura. E’ succoso, vellutato, disteso; il tannino è felpato e il finale verte su note balsamiche di grande souplesse. Molto buono.
91/100
Sorrentino – Lacryma Christi Rosso Vigna Lapillo 2018
Zaffate fumè da solfatara e spezie scure, polvere di cacao, una traccia balsamica. Sorso succoso, longinileo, in pieno stile Pinot Noir, con un tocco ammandorlato sul fondo e rimandi affumicati che plasmano un finale d’ottima durata.
91/100
Masseria Piccirillo – Pallagrello Nero 2019
Esordio piccante, estroso di peperoncino tritato e peperone crusco. Poi gelso e cacao, sottobosco, grafite. Il sorso offre volume e precisione, tannicità rigorosa, poche concessioni sul lato delle morbidezza, ma tanta grinta e un finale di buona lunghezza.
91/100
Lunarossa – Colli di Salerno Aglianico Borgomastro 2016
Sottobosco e menta,visciola, liquore alla liquirizia. Sorso ampio e saporito, cadenzato dal tannino salivante e lungo nei rimandi speziati e minerali. Molto buono.
91/100
Cantine Astroni – Campi Flegrei Piedirosso Colle Rotondella 2020
Grazia, soavità e anima vulcanica: fragolina e chinotto, rosa appassita, erbe officinali su sfondo di polvere pirica. Il sorso è tonico, scattante, di trascendentale scorrevolezza. E’ l’archetipo del Per’ e Palummo – “piede di colombo”, dal colore del pedicello in maturazione – che in tavola fa da jolly. Ottimo!
91/100
Agnanum – Piedirosso dei Campi Flegrei 2019
Sempre fascinoso: disserra aromi di ribes nero e viola, cenere arsa e polvere da sparo, qualche refolo di spezie orientali “à la Pinot Noir”. E’ raffinatissimo e goloso, imperniato di una spinta sapida che dà vigore a una progressione d’estrema piacevolezza, sospesa tra frutto, fiore e rimandi speziati. Eccezionale.
92/100
Tenuta Cavalier Pepe – Taurasi Opera Mia 2015
Rosa rossa ed erbe officinali, visciola e gelsi maturi, una traccia tostata che non stona. Coinvolgente la progressione che mette al centro un frutto succoso, integro, tannini potenti ma ben estratti, rintocchi di chinotto ed erbe officinali che profilano una chiusura abbastanza durevole. Molto buono.
92/100
Salvatore Molettieri – Taurasi Renonno 2015
Classico intramontabile che offre un bouquet austero e garbato: melagrana, rosa appassita, erbe balsamiche, tabacco e legno arso. E’ carnoso, carico di frutto scuro e maturo che viene bilanciato dai tannini potenti, arrembanti. Ha bisogno di qualche annetto per dare il meglio di sè.
92/100
Tenuta San Francesco – Tintore di Tramonti E Iss 2017
Spettacolare il naso di questo Tintore da vigne ultracentenarie: l’esordio è su note di fiori appassiti da Barolo, seguite da liquirizia e visciole mature, mirto, origano, sottobosco verde. Il tannino scalpita e dà slancio ad un sorso carico di frutto molto maturo – prugna, visciola – e di rimandi marini e pepati che non mollano la presa. Eccezionale.
92/100
Montevetrano – Colli di Salerno 2018
Uno degli alfieri del rinascimento vinicolo di cui sopra. Esattamente come il Terra di Lavoro, ha bisogno di un qualche anno di affinamento per smaltire la traccia del legno, che al momento comprime gli aromi classici di visciola e mirtilli schiacciati, viola, eucalipto, polvere di cacao. E’ equilibrato, compassato già in questa fase; il tannino è perfetto, il frutto non manca, ma la chiusura è ancora dominata dai ritorni boisè. Molto buono in prospettiva.
92/100
Galardi – Terra di Lavoro 2018
Quadro scuro e stratificato: china, cioccolato, marasca, pepe e tracce balsamiche derivanti dal rovere. La cornice del legno d’affinamento è ben evidenza, ma la stoffa c’è; il frutto è ricco, l’acidità sostiene la struttura e il finale speziato e balsamico regala belle soddisfazioni. Vino adolescente, deve ancora assestarsi.
93/100
Feudi di San Gregorio – Taurasi Piano di Montevergine 2015
Moderno, ma con stile: profuma di legni balsamici e chiodo di garofano, paprika, cannella, visciola sotto spirito e tabacco. E’ avvolgente ed equilibrato, cioccolatoso quanto basta e scandito da un tannino vivo, ben intessuto che allenta la presa in un finale godereccio al sapore di liquore al cassis.
93/100
Tenuta Scuotto – Taurasi 2015
Naso di gran fascino: caffè e tocchi ematici, fragola e mirtilli rossi, felce, erbe aromatiche, china. Bellissima progressione agile ed equilibrata, piccante ed ematica, imperniata su di un tannino molto fine e salata nella lunga chiusura. Tra i migliori vini della giornata.
93/100
Antico Castello – Taurasi 2011
Una delle rivelazioni dell’evento: disserra profumi ammalianti di visciola sotto spirito e cardamomo, sandalo e cuoio, rabarbaro. E’ pieno, voluminoso e allo stesso tempo fresco, bilanciato, arricchito da una splendida scia sapida. Chiude lungo e pulito su toni balsamici e di sottobosco.
93/100
Perillo – Taurasi 2009
Come sempre caleidoscopico: sferra aromi di kirsch e sottobosco, incenso e sandalo, spezie orientali e tracce di goudron. E’ chiaramente evoluto, ma non maturo; vede protagonista la spinta sapida che, insieme al tannino mai domo, dà vita a una progressione energica e di straordinaria mutevolezza e tridimensionalità. Una garanzia.
94/100
Fattoria La Rivolta – Aglianico del Taburno Riserva Terra di Rivolta 2017
Sempre una garanzia: conquista a prima annusata con una miscela stregante di toni tostati e speziati, di sigaro e liquore ai mirtilli, sandalo, cenere, terra bagnata. E’ soave, avvolgente all’ingresso e poi ematico, profondo e sfaccettato tra ritorni di pepe e oliva nera, fiori appassiti, il solito ricordo fumè che ha la meglio in un finale di rara finezza. Eccezionale.
94/100
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