Il Gallo Nero continua a fare passi in avanti e a produrre vini d’immensa piacevolezza. Ecco dieci etichette memorabili dall’ Anteprima Chianti Classico Collection 2023.
Terza edizione di Chianti Classico Collection raccontata su queste pagine. Sono trascorsi meno di due anni dal nostro primo report sulla kermesse, ma sembra una vita, perché nel frattempo questo territorio ha fatto passi in avanti non trascurabili.
Dalla rassegna di quest’anno emerge che:
– Il Gallo Nero è sulla cresta dell’onda. Come ho già scritto in un articolo su Decanter a Gennaio, non c’è denominazione storica, ultracentenaria, che sia stata altrettanto capace di evolvere negli ultimi anni e stare al passo con i tempi, mettere in atto cambiamenti epocali che ne hanno ridisegnato il volto senza sfigurarlo.
– Nell’arco dell’ultimo quinquennio la qualità media è cresciuta in maniera esponenziale, a prescindere dai singoli millesimi e dai mille problemi di questo mondo impazzito. Ogni anno ci sono produttori nuovi che vale la pena scoprire; ogni anno quelli vecchi riescono a dare conferme o alzare un pochino l’asticella.
– La forza del territorio risiede in una prerogativa unica: la qualità trasversale e la non banalità dei vini d’entrata. E’ proprio la tipologia Annata ad avere sempre la meglio in degustazione, seguita dalla Riserva, mentre la Gran Selezione rimane sempre un passo indietro: importante di sicuro per elevare il posizionamento della denominazione, ma ancora incompresa ed incompiuta.
– L’introduzione delle U.G.A. è una delle mosse più azzeccate che sono state fatte negli ultimi anni nel mondo del vino italiano: l’idea del vino-geografico – o vino localizzabile con GPS, come preferisco chiamarlo io – è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno in un universo del vino dove l’omologazione impera. Il problema, però, è l’uso che si vuole fare di queste benedette U.G.A.: per varie ragioni, la Gran Selezione non può essere l’unico vino legato al concetto di UG.A, perché, per esigenze di mercato, è il più legittimato a scendere a compromessi con il cosiddetto “gusto internazionale”. Per questo c’è bisogno di fare un altro passo avanti ed estendere la possibilità di menzionare la sottozona in etichetta anche ad Annata e Riserva.
– Se una denominazione funziona e fa progressi, il merito non può che essere attribuito ai produttori e al Consorzio che li riunisce. E, in effetti, al netto di qualche trovata opinabile come il cortometraggio dedicato alla “Leggenda del Gallo Nero” – carino ma non utilissimo dal punto di vista del marketing – non si può dire che il Consorzio Chianti Classico non lavori bene, soprattutto per ciò che riguarda l’educazione dei consumatori e la promozione dei vini in Italia e all’estero.
Ma veniamo agli esiti della maratona di degustazione. C’è una notizia molto buona e ce n’è un’altra cattiva: quella buona è che i vini dell’annata 2020 rilasciati tardivamente sono meravigliosi. La ‘20 non avrà la tensione e la profondità della tanto acclamata della ‘19, ma nell’arco di un anno i tannini si sono assestati, i profumi hanno acquistato delineazione. I vini, per quanto deliziosi adesso, hanno anche la stoffa giusta per dare soddisfazioni nel medio raggio.
La notizia meno buona è che, allo stato attuale, la 2021 è un’annata difficile da decifrare, con vette qualitative interessanti, ma anche parecchie bottiglie che destano perplessità. I vini sono marchiati dalle irregolarità della stagione, cominciata con una primavera piovosa e proseguita con un’ estate bollente e siccitosa. Presentano in alcuni casi tannini rugosi; in altri acidità fin troppo assestate o, al contrario, note vegetali evidenti che lasciano pensare ad uve vendemmiate troppo presto, forse per evitare eccessi di alcol e concentrazione.
In un millesimo come questo, la gerarchia delle U.G.A. si esalta ancora di più: i vini di Radda, Lamole e Gaiole brillano particolarmente; a Castelnuovo Berardenga più di qualcuno non convince, mentre Vagliagli se la cava leggermente meglio con le sue vigne mediamente più alte; ; San Casciano va meglio del previsto e dà una manciata di referenze estremamente loquaci; Castellina, Montefioralle San Donato in Poggio procedono in ordine sparso, con qualche novità, i soliti punti di riferimento, ma anche tanta variabilità; Panzano regala vini d’impatto, ma non sempre slanciati come li vorremmo.
Il risultato finale è che la 2020 primeggia sulla canonica top 10 con ben 6 vini su 10. Merito si della piacevolezza del millesimo, ma anche e soprattutto del maggiore riposo in bottiglia. Ad essere onesti, tutti questi vini dovrebbero essere assaggiati a non meno di due anni di distanza dalla vendemmia per essere compresi all 100%.
Qui di seguito i migliori Chianti Classico 2020 e 2021:
10. I Fabbri – Lamole 2020
U.G.A. : Lamole
La parola “Lamole” è tra quelle che stanno disegnando il Chianti Classico del futuro: questa zona d’altura nel comune di Greve, con suoli ricchi di arenarie e macigno che danno finezza al vino, assurgerà al ruolo di Grand Cru nei decenni del cambiamento climatico. L’interpretazione de I Fabbri, azienda tradizional-artigianale, mette in evidenza i connotati più tipici del Sangiovese d’altura: profuma di arancia rossa, lamponi aciduli e peonia su sfondo terragno e sanguigno; è snello, ma non diluito, con acidità incalzante in lizza, tannino che asciuga il giusto e un finale succoso, suadente, tra rintocchi ematici e frutto croccante quasi in stile Pinot Noir.
92/100
9. Istine – 2021
U.G.A. : Radda
Da Lamole a Radda il passo è breve: siamo sempre nelle zone più alte del territorio, ma qui i terreni sono leggermente diversi e danno un vino più austero, compatto e sanguigno. Angela Fronti, vignaiola eccezionale, ne propone una versione quintessenziale, tutta incentrata sul bosco e sulle drupe fresche, con presa tannica mordente che dà energia e sapore, per poi lasciar spazio a fruttini aciduli ed erbe balsamiche nel finale di splendida purezza.
92/100
8. Cigliano di Sopra – 2021
U.G.A. : San Casciano
Seguiamo con grande interesse quest’azienda in zona San Casciano, che da almeno un paio d’anni sforna vini di clamoroso equilibrio. Questo ha un profumo ancora in divenire, incentrato su lampone, violetta ed erbe aromatiche; ma la bocca è di finezza clamorosa: veramente notevole per equilibrio tra frutto integro e succoso, freschezza d’arancia sanguinella e ritorni salini che danno la terza dimensione.
92/100
7. Val delle Corti – 2020
U.G.A. : Radda
Di nuovo Radda con il vino di Roberto Bianchi, artigiano già molto quotato che sforna un vino da manuale, con profumo di ribes, lamponi, legno arso e pot-pourri. Entra delicato, soave e poi lascia emerge un’impronta minerale elettrizzante, E’ sottile, longilineo, meravigliosamente rinfrescante nel finale che insiste su bosco e agrume. Rock ‘n’ roll!
92/100
6. Montesecondo – 2021
U.G.A. : San Casciano
Un’altra azienda piccola e “artigianale” che, negli ultimi anni, ha sfornato in sequenza bottiglie molto interlocutorie. Questo ‘21 segue un approccio ultra-minimalista: fermentazione spontanea di uve bio, affinamento in cemento, imbottigliamento con poca solforosa e nessuna filtrazione. Ha un profumo che rende il calore della zona di San Casciano, con il frutto vira sulla ciliegia matura, ma lo abbina a freschezza ben calibrata, tannino magistralmente estratto, e un sottofondo ematico e silvano che emerge chiaro e netto nel finale lungo e sfaccettato.
93/100
5. Monteraponi – 2021
U.G.A. : Radda
Una realtà di cui abbiamo parlato più volte e che anche in quest’occasione mostra di essere al top della denominazione. Rispetto al ‘20 o al ‘19, l’Annata ‘21 di Monteraponi, parte solo un po’ più contratto e aromaticamente ermetico, ma ha equilibrio, tensione, finezza balsamica ed energia acido-sapida che è una garanzia di tenuta nel medio e lungo raggio.
93/100
4. Montecalvi – 2020
U.G.A. : Montefioralle
Dietro questo vino, c’è la mano abile di Tim Manning, enologo che ho conosciuto nello scorso autunno a Pienza e che ha trascorsi da Riecine e nell’Oregon. Anche in questo caso, Tim dimostra di saper declinare il Sangiovese in chiave quasi “borgognona”: il profumo conquista con il suo mix di violetta, lampi balsamici e accenti animali. Il sorso è fluido, arioso, delicato e profumato, ma con spinta sapida a dare spessore ed eco terragna che rende tridimensionale il finale suadente e variegato.
93/100
3. San Giusto a Rentennano – 2020
U.G.A. : Gaiole
Un’altra pietra miliare chiantigiana che sforna un “vino base” da lacrimuccia. Ha un olfatto per niente accomodante: selvatico, silvano, mediterraneo nei rimandi di erbe essiccate che fanno da cornice al frutto scuro e poco maturo. Svetta sugli altri vini della stessa batteria per potenza ed ampiezza gustativa, senza però perdere di vista la freschezza, che garantisce fluidità della progressione lunga con epilogo boschivo e appena affumicato.
94/100
2. Isole e Olena – 2020
U.G.A. : San Donato in Poggio
Il dado è tratto: Paolo Marchi la lasciato il timone di questa nave da guerra; ora il testimone passa al gruppo E.P.I, già titolare di Biondi Santi. La speranza è che lo stile dei vini non cambi di una virgola, perché, oggi come oggi, sono clamorosi. Questo Annata ‘20 è di fatto un “Petit Cepparello”: dotato di complessità olfattiva molto superiore alla media – tra terra bagnata e ghisa, alloro e scatola da sigari – ma anche di freschezza indomita, tannino ruggente, energia minerale straordinaria che dinamizza la ricca polpa e lo proietta nel cavo orale. Un vino universale, godibilissimo adesso, ma che non stapperei prima di cinque-sei anni.
94/100
1. Tenuta di Carleone – 2020
U.G.A. : Radda
E anche quest’anno il singolo vino più esaltante della kermesse lo produce Sean O’ Gallaghan, detto il Guercio, tra i pendii raddesi. Difficile dire come faccia a tirar certi profumi dal Sangiovese d’altura: la profusione di viola mammola e kir royal, anice e lavanda, cuoio e ruggine è semplicemente ipnotica. Il sorso segue la stessa traccia: quasi borgognone per ariosità e slancio, ma con anima selvatica e sanguigna da vino raddese duro e puro, che sostiene il finale potente, ma senza peso. Chapeau!
95/100
Altri vini degni di menzione:
92/100
Caparsa – 2020
Fattoria Pomona – 2020
Fontodi – Filetta di Lamole 2021
Poggerino – 2021
91/100
Arillo in Terrabianca – 2021
Castello di Meleto – 2021
Castello di Monsanto – 2021
Castello Vicchiomaggio – Gualdo Alto 2021
Concettina Mori – Morino 2021
La Castellina – Squarcialupi 2021
Le Filigare – 2021
Querciabella – 2021
Riecine – 2021
Torcilacqua – 2020
Lavorato x 15 anni lo visto crescere il lamole di lamole negli anni 80 90. Ero cantiniere con Ugo pagliai, bella azienda,