Da oltre un secolo i produttori italiani utilizzano il Metodo Champenoise per i loro spumanti, ma, se sono i francesi ad imitare un’invenzione italiana, si scatena il putiferio. E’ quanto emerge dall’ interrogazione parlamentare presentata dal deputato leghista Lorenzo Viviani in commissione politiche agricole.
Viviani intende far luce sulla “scimmiottatura” del metodo inventato da Pierluigi Lugano, titolare di Bisson, che consiste nell’immersione di bottiglie di spumante Metodo Classico nei fondali di fronte a Portofino. Con questa tecnica Bisson produce l’Abissi, l’unico spumante che al momento può fregiarsi della DOC Portofino. L’azienda Cloe Marie Kottakis di Jamin ha provato a copiarlo, immergendo circa due anni fa tremila bottiglie di Pinot Noir dell’Aube nelle acque prospicienti il parco regionale naturale di Portofino. Il risultato, almeno da un punto di visita visivo, è abbastanza simile.
A destare la preoccupazione di Viviani – e di altri esponenti della Lega – non sarebbe l’utilizzo del metodo, ma la scritta “Portofino”. “Potrebbe indurre il consumatore a pensare che si tratti di Portofino DOC – spiega il parlamentare – quando il vino, seppur rinomato, non ha nulla a che fare con il nostro territorio, visto che viene interamente vinificato in Francia”. Non solo: Viviani, che di formazione è biologo, si dice preoccupato anche dalla scarsa tracciabilità del prodotto, che “non si sa come sia arrivato a Portofino”, e da altre problematiche relative all’affinamento, che potrebbe aver causato il deperimento del tappo di sughero, con possibili problemi di salubrità del prodotto. Queste ultime affermazioni, però, cozzano con quanto affermato nel video di presentazione del prodotto ad opera del sommelier Simone Loguercio, che vi mostriamo qui:
Loguercio parla di una capsula speciale che consente “sia l’ossigenazione che il mantenimento intatto” delle qualità del prodotto e, nell’aprire la bottiglia, mostra la doppia protezione che riveste il tappo: la prima di plastica e la seconda di gomma. E’ impensabile, del resto, che la casa produttrice non abbia tenuto conto del design del packaging dei rischi legati all’alterazione del tappo.
In fin dei conti, questa querelle, sulla quale dovrà far luce il ministro delle politiche agricole Stefano Patuanelli, appare alla stregua di un tentativo un po’ maldestro di scoraggiare l’imitazione di un metodo che fino a questo momento è stato di dominio di un solo produttore. Così facendo, si va anche ad inficiare un progetto di ricerca, perché dietro il marketing molto azzeccato, si nasconde uno studio potenzialmente molto utile. Infatti Jamin, azienda ligure che detiene il marchio Cloe Marie Kottakis, sta portando avanti una ricerca volta a scoprire le differenze chimiche e organolettiche tra uno Champagne affinato in mare e un altro spumantizzato sulla terra ferma.
Fonte (Primocanale.it)
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