Poco amata dalla stampa italiana, che si è sempre detta scettica riguardo all’utilità della tipologia, la Gran Selezione del Chianti Classico è riuscita perlomeno nell’intento di destare l’interesse dei grandi wine critics.
I 100 punti di James Suckling al Ceniprimo 2018 di Ricasoli sono la cartina tornasole dell’accoglienza calorosa della stampa internazionale e un potenziale volano per i mercati esteri, specie quello asiatico, sul quale il critico americano esercita una certa influenza. Il vino, che proviene da un singolo vigneto della tenuta più grande dell’areale, aveva già ricevuto punteggi esorbitanti – 99 punti per la 2016 e 98 per la 2016 – ma con questo traguardo diventa la prima Gran Selezione chiantigiana ad entrare nell’olimpo dei vini da punteggio perfetto, che negli ultimi anni è diventato ben più ampio (e più “italiano”) di quanto lo fosse in precedenza.
Fa piacere constatare che a raggiungere la vetta sia proprio un vino “single-vineyard”, perché la speranza di alcuni addetti ai lavori era che la Gran Selezione facesse da apripista per l’introduzione di Cru e menzioni geografiche aggiuntive. D’altra parte, però, questo risultato non inverte – ma rafforza – la tendenza da parte dei produttori a sfruttare la tipologia per creare dei vini-trofeo molto concentrati, di stile decisamente internazionale, che possano competere con Brunello e Supertuscans ed ammaliare i palati più influenti. Per capovolgere il trend bisognerebbe introdurre perlomeno le denominazioni comunali, ma la discussione su questa ipotesi è ferma a due anni fa. La probabilità che, all’indomani del via libera alle Pievi a Montepulciano, il consorzio del Chianti Classico cerchi di fare qualche progresso sul fronte delle sottozone è alta, ma è immaginabile che, visti i traguardi raggiunti, la Gran Selezione rimarrà principalmente un vino da export basato sul concetto di “super-selezione” più che sulla specificità territoriale.
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