Montepulciano d’Abruzzo senz’alcol? Valpolicella Superiore allungato con l’acqua? Ebbene si, a quanto pare sarà possibile commercializzare prodotti di questo genere a partire dal 2023 . La linea salutista, igienista dei paesi del Nord Europa – gli stessi che volevano etichette sulle bottiglie di vino simili a quelle presenti sui pacchetti di sigarette – sta avendo di nuovo la meglio nelle sedi istituzionali. La nuova PAC (Politica agricola comune), riferiscono i principali quotidiani nazionali, potrebbe aprire ai vini parzialmente dealcolati anche tra quelli DOP e IGP.
Durissima la reazione alla notizia delle associazioni di settore. ” Togliere l’alcol dal vino ed aggiungere acqua è l’ultima trovata di Bruxelles per il settore enologico già sotto attacco con la proposta di introdurre etichette allarmistiche per scoraggiarne il consumo, previste nella Comunicazione sul ‘Piano d’azione per migliorare la salute dei cittadini europei‘”. E’ quanto afferma la Coldiretti in una nota. “In questo modo – si legge nel comunicato – viene permesso ancora di chiamare vino,un prodotto in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità per effetto di trattamento invasivo che interviene nel secolare processo di trasformazione dell’uva in mosto e quindi in vino”.
Che ne sarebbe delle nostre DOP e IGP se questa proposta si concretizzasse? Di certo l’industria ne approfitterebbe per realizzare vini di scarsissima qualità – perché l’alcol gioca un ruolo fondamentale nell’espressione aromatica del vino – che nulla hanno a che fare con la storia e la tradizione delle denominazioni storiche del nostro paese. Tutto queste arrecherebbe un grave danno d’immagine ai produttori che producono vino di qualità e vanificherebbe tutti gli sforzi fatti per promuovere l’enologia non invasiva e la sostenibilità nel ciclo produttivo.
Se ci può consolare, la scelta di adattarsi o di vietare categoricamente la produzione di vino dealcolato starebbe comunque ai consorzi: l’UE, infatti, lascerà alle istituzioni consortili la libertà di decidere se abbracciare questa nuova politica o meno. E’ evidente, pertanto, che il rischio di trovare sul mercato Brunello di Montalcino, Barolo o Amarone “alcohol free” sia scongiurato. D’altro canto, però, nei consorzi più grandi, dove l’industria e gli imbottigliatori hanno più potere, l’adozione di questa politica a danno delle aziende piccole e medio-piccole impegnate su ben altri fronti è quasi scontata. La legalizzazione dei vini dealcolati sarebbe un’ occasione ghiotta per i giganti del vino, che potrebbero appropriarsi dei marchi per fare breccia in mercati nuovi come quello arabo. Per evitare tutto questo bisognerebbe innanzitutto riformare i meccanismi di voto nei consorzi per ridimensionare lo strapotere dei “grandi” – ne parlavamo già in questo articolo – e poi cercare di organizzare un tavolo confronto tra governo e associazioni di settore per opporsi collettivamente a questo scempio.
(Fonti: TGcom, Corriere della Sera)
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