La differenza tra Champagne e Franciacorta secondo il patron di Ca’ del Bosco

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“Loro usano più maquillage, mettono il rossetto”. E’ un’affermazione che sta facendo discutere: una nota stonata nell’intervento in larga parte condivisibile di Maurizio Zanella a Quarta Repubblica, talk show condotto da Nicola Porro. Zanella ha parlato principalmente di business e crisi COVID-19, ma, tra un ragionamento e l’altro, si è fatto scappare qualche frecciatina ai cugini d’oltralpe.

Ma cosa intende Zanella per maquillage e rossetto? Quali sono le pratiche all’origine di quel commento politicamente scorretto? La risposta va cercata con tutta probabilità nella pratica della chaptalization, ovvero nell’aggiunta di zucchero in fermentazione per innalzare il volume alcolico del vin clair (vino base) atto a divenire Champagne. Storicamente è impossibile negarlo: il modello Champagne è stato costruito su questo genere di espedienti. Del resto il clima della regione è rigido, estremo per la vite, motivo per cui si è sempre cercato di mettere al centro – soprattutto nel caso delle grandi maison – uve raccolte leggermente acerbe che danno mosti con acidità altissime, Ph estremamente bassi, pochi aromi nella fase embrionale e una componente zuccherina da “ritoccare”. È pur vero, d’altro canto, che questo modello sta cambiando, perché il clima diventa più caldo di anno in anno e anche il mindset dei produttori evolve: la rivoluzione copernicana portata avanti dai vigneron, Selosse in primis, ha dato vita un filone parallelo che vede proprio nella ricerca di una maggiore maturità dell’uva uno dei suoi punti chiave.


Dunque la critica di Zanella può essere anche vera storicamente, ma é un po’ generica e poco contestualizzata. Lo è a maggior ragione se si tiene conto del grande problema che affronta oggi la Franciacorta, che é un l’opposto di quello della Champagne di ieri. La latitudine più meridionale si traduce, di questi tempi, in eventi climatici estremi che mettono a dura prova la produzione del più famoso spumante nostrano. Del primo e più diffuso fenomeno sono stato testimone diretto, perché ero in Franciacorta nell’aprile del 2017 e ho visto i germogli bruciati dalle gelate primaverili. Il secondo sono le ondate di caldo africano che costringono le aziende ad anticipare la vendemmia sempre di più. Semmai la sfida dei produttori Franciacortini risiede nell’evitare l’eccesso di maturazione; va da sè, pertanto, che di “maquillage” inteso come zucchero aggiunto non ne abbiano bisogno.


Zanella ha parlato anche di sostenibilità, ed è forse li che voleva andare a parare in seconda battuta con la sua frase infingarda. “ Sostenibilità è un termine abusato – ha detto a Porro – per me è essere certificato biologico e disporre di uve di proprietà. Se non avessi vigne e uve mie, non mi definirei neanche agricoltore”. Anche in questo caso bisogna andarci cauti, perché in Champagne si sta facendo molto per sopperire ai danni del passato, quando i pesticidi venivano gettati a quintalate sui vigneti dei piccoli conferitori delle maison. C’è chi come Louis Roederer sta cercando la via della biodinamica, e poi ci sono i vigneron, ma chiaramente quella è un’ altra storia…

Come se non bastasse, Zanella ha pure rivendicato il primato storico della Franciacorta: “C’era un medico bresciano, Girolamo Conforti, che scriveva di vini mordaci molto prima dell’abate (Dom Perignon)”. Il dato storico è conclamato, inconfutabile, ma il problema è che l’intuizione di Girolamo Conforti non ha avuto un seguito commerciale, mentre quella di Pierre Perignon, abbate di Hautvillers, è stata ripresa dalla famiglia Ruinart, che nel 1729 ha fondato l’omonima maison.

Punzecchiature a parte, il patron di Ca’ del Bosco ha criticato l’azione del governo, a suo dire colpevole di non aver sostenuto in maniera adeguata il settore della ristorazione, e ha fatto il punto sulla situazione dell’azienda che ha fondato (e che oggi possiede in comproprietà con la famiglia Marzotto). “ Il nostro fatturato a fine anno scenderà a 35 milioni dai 40 dell’anno scorso. Nei mesi del primo lockdown abbiamo perso l’80-90% delle nostre vendite. La ristorazione è il nostro mercato principale. Vendiamo poco da asporto”.

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