Giusto un anno fa, pubblicavo una riflessione sul problema dei dazi nell’introduzione al report su Grandi Langhe per Vinosano. In quel momento le minacce dell’amministrazione Trump per l’affaire Airbus-Boeing sembravano l’unico freno alla crescita inarrestabile del vino italiano.
Nessuno avrebbe mai immaginato che, di lì a poco, il comparto sarebbe stato colpito dalla più grande sciagura degli ultimi settant’anni: una pandemia che ha dimezzato il fatturato dell’Ho.re.Ca e aumentato a dismisura il divario tra grandi aziende operanti in GDO e piccoli artigiani. Alla luce di questi eventi, quello dei dazi sembra quasi un male “minore”, ma, se non altro, il 2021 si apre con una buona notizia su questo fronte: l’uscente amministrazione Trump ha rinunciato a colpire l’export di vino italiano nel suo ultimo mese di attività. Francia e Germania, invece, non l’hanno scampata: Reuters parla di nuovi dazi annunciati dall’ Office of the U.S. Trade Representative (USTR) che colpiranno i vini non frizzanti e i distillati. ” “Gli USA non hanno indicato per il momento la data di entrata in vigore del provvedimento relativo ai nuovi dazi – ha commentato il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti – Vogliamo interpretare questa scelta come un segnale di flessibilità che va colto, per chiudere un contenzioso da cui il settore agroalimentare è assolutamente estraneo. Vanno eliminate le tariffe doganali che incidono sulle nostre esportazioni di formaggi, tra cui Parmigiano Reggiano e Grana Padano, salumi, agrumi e liquori per un controvalore di circa 500 milioni di euro.” (Fonte: Agricultura)
Ma perché coinvolgere un settore estraneo come quello agro-alimentare in una disputa sui sussidi dei paesi alle compagnie che costruiscono velivoli? Be’, è una questione di surplus commerciale: nel 2019 il valore delle esportazioni di prodotti agroalimentari dell’Unione Europea superava di ben 32 miliardi di euro quello delle importazioni, e gli Stati Uniti, primo mercato per l’EU, assorbivano il 16% dell’export totale. In questo contesto, le esportazioni di vino ammontavano al 3,5% del valore totale, pari a 5,3 miliardi di euro, con una crescita su base annua del 3,6%. Introducendo queste sanzioni, l’amministrazione Trump ha indebolito un settore strategico per l’economia di tutti i grandi paesi europei.
A Ottobre, dunque prima della seconda ondata e dell’introduzione di nuove restrizioni, il vino italiano sembrava tenere botta nel mercato USA, con un valore pari a 1,16 miliardi di euro (comunque in netto calo rispetto all’anno precedente) a fronte dei 997 milioni della Francia. Questo divario è il risultato della prima tornata di dazi, che ha colpito la Francia, principale competitor, e risparmiato il nostro comparto. In buona sostanza, il Made in Italy ha potuto contare nello scorso anno – e potrà contare a maggior ragione nel 2021 – su di un vantaggio competitivo non indifferente. E’ una discreta consolazione e uno stimolo per ripartire in un contesto globale ancora difficile, che con tutta probabilità comincerà a migliorare nella seconda metà del 2021, per poi tornare a uno stato di semi-normalità nel 2022.
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