I titolari di due famosi Chateau di Saint Emilion rischiano di finire in carcere per frode

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E’ una situazione molto grave che rischia di compromettere l’immagine di un’intera denominazione: “potrebbe avere importanti implicazioni per l’intera regione vinicola” spiega l’avvocato dell’accusa.

Hubert de Boüard, proprietario del famoso Château Angélus, e Philippe Castéja, titolare di Château Trotte Vieille, sono accusati di aver manipolato il sistema di categorizzazione dei vini di Saint Emilion per far rientrare le proprie tenute nella categoria apicale: quella dei Grand Cru Classé A e B. Il processo è scaturito da un’indagine realizzata in seguito a una denuncia dei proprietari di tre diversi Chateau che, in quello stesso anno (il 2012), non riuscirono a fare il salto.

Stando a quanto riferito da The Drinks Business, i due imprenditori, che all’epoca svolgevano ruoli istituzionali all’interno dell’INAO, l’organo che regola i vini francesi a denominazione controllata, avrebbero sfruttato la loro posizione per fare pressione sui tecnici responsabili della classificazione, che viene rivisitata ogni 10 anni. ” E’ come passare il baccalaureat ( l’esame di maturità francese) dopo aver scritto le domande” afferma l’accusa. Boüard e Castéja rischiano la reclusione e multe fino a 500.000 euro.

“Si tratta di un processo storico che potrebbe avere importanti implicazioni per l’intera regione vinicola – riferisce al Telegraph Eric Morain, avvocato dei querelanti – l’intero sistema di classificazione di St Emilion è sotto processo”. Si stima che, in media, un passaggio di categoria comporti un aumento del prezzo del 30-35%. In linea di massima, nemmeno la recensione entusiasta di un grande critico riesce ad avere lo stesso impatto nel breve raggio (a meno che non sia corredata da un punteggio perfetto).

Questa notizia arriva in un momento di grande tumulto per la denominazione. All’alba della nuova classificazione del 2022, due degli Chateau più importanti – Cheval Blanc e Ausone – hanno deciso di uscire da un sistema che, a loro dire, tiene conto di fattori che vanno ben aldilà della qualità del vino, come ad esempio il marketing aziendale e la presenza sui social. In questo contesto, la condanna dei due imprenditori potrebbe minare definitivamente la credibilità di una gerarchia che sembra già delegittimata, arrecando anche un serio d’immagine alla denominazione.

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