Un pilastro, un vino inconfondibile che si ritaglia uno spazietto in una galassia dominata dagli Orange carsici e dai Bianchi plasmati dalla Ponka.
Dal momento che il Calvari di Miani non si fa più, e Gravner intende espiantare il Pignolo per concentrarsi sulla Ribolla, lo Schioppettino di Cialla detiene, adesso e per gli anni a venire, il primato del Rosso da uve autoctone più maestoso – e interlocutorio – del Friuli. Stapparne una 2015 é quasi un sacrilegio, perché in genere spara in aria fuochi d’artificio a distanza di quindici, venti, anche trent’anni dalla vendemmia. Se, però, in “vecchiaia” tende ad allinearsi con il modello bordolese, in gioventù esprime la “quintessence” dello Schioppettino, vitigno caloroso e cerebrale allo stesso tempo.
Il naso è un tripudio di sensazioni piccanti da drogheria d’antan: noce moscata, pepi di qualsivoglia genere, rabarbaro e bacca di ginepro, un’idea vegetale, poco frutto molto scuro, una traccia di bosco e di grafite. Il sorso è di una scorrevolezza disarmante: non ricorda l’ultima volta che ho bevuto un Rosso di questa caratura che fa solo 12 gradi e mezzo. La progressione è di nordica precisione e tempra, quasi come in un “Claret” ante-Parker e riscaldamento globale: il tannino é disinvolto e l’acidità mai fuori misura sostiene la chiusura lunga su toni di cioccolato ed erbe officinali.
Per la cronaca Ronchi di Cialla è stata la seconda azienda italiana ad introdurre le barrique negli anni 70’ dopo Antinori con il Tignanello. Purtroppo, però, questo Schioppettino è rimasto un caso isolato: un’eccezione in una terra a vocazione strettamente bianchista, che di tanto in tanto dispensa perle anche dell’altro colore. Come ho già detto prima, andrebbe dimenticato in cantina, ma anche adesso fa la sua porca figura!
Punteggio: 94/100
Via Cialla, 47
33040 Prepotto (UD)
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