Il panorama vinicolo della Costa Toscana sta cambiando… e le cose si fanno sempre più interessanti. Questi quindici vini dimostrano che c’è vita aldilà dei soliti Sassicaia, Ornellaia e via dicendo!

Figure bizzarre, grottesche, dai volti deformi e dall’incarnato grigiastro, che trasudano inquietudine e miseria, rompendo gli schemi naturalisti, votati alla monumentalità serafica, della pittura rinascimentale. Sono immagini, queste che vedete qui sopra, che ti rimangono impresse nella mente dopo che sei rimasto mezz’ora a contemplarle con la bocca aperta. Sono tornato da Lucca da più di una settimana, e continuo ad averlo negli occhi quell’immaginifico affresco di Amico Aspertini , bastian contrario dell’arte rinascimentale, che ho ammirato in una cappella della chiesa di San Frediano. Con quell’opera eccentrica, quasi espressionista, dipinta negli stessi anni in cui Raffaello completava la scuola d’Atene, Aspertini precorreva lo stile di maestri del periodo successivo come Pontormo e Rosso Fiorentino, che proprio sulla carica emotiva delle loro rappresentazioni anti-naturaliste avrebbero fondato il proprio successo. Così facendo, anticipava le tendenze artistiche degli anni 20’ del Cinquecento e inaugurava il cosiddetto filone del manierismo.
Ora, mi chiederete cosa c’entra tutto questo con il vino e con l’Anteprima Grand Cru della Costa Toscana, che è il motivo principale per cui sono andato a Lucca. La risposta è che “manierismo” è una parola perfetta per definire i vini dell’altra Toscana: quella dove il Sangiovese non ha mai dominato la scena. Manierismo, nell’accezione artistica del termine, significa trarre ispirazione dai maestri del rinascimento – Michelangelo in primis – piuttosto che dalla natura, per creare un canone estetico nuovo, che si distacca dal naturalismo e fa leva sul pathos, sulla forza espressiva. Ecco, non vi sembra che ci sia qualche connessione con quello che è successo nella costa toscana dagli anni 70’ ad oggi? Non si è partiti dalla maniera bordolese per arrivare a una cifra stilistica radicalmente diversa, improntata sulla forza espressiva più che sull’equilibrio a tutti i costi?
Attendevo con ansia l’Anteprima Grand Cru della Costa Toscana per almeno tre ragioni: a) non ero mai stato a Lucca e volevo visitarla b) non avevo mai preso parte prima d’ora a un tasting onnicomprensivo dei vini delle cinque province costiere toscane c) ho da tempo la sensazione che qualcosa stia cambiando nella galassia dei vini toscani da uve alloctone (non chiamateli Supertuscans!), e, per esserne sicuro, avevo bisogno di una panoramica più ampia .
In effetti, l’assaggio di cento e rotti vini ha confermato quest’ultima ipotesi: i vini della Costa Toscana stanno virando verso uno stile più territoriale che nella maggioranza dei casi getta le basi in un cambiamento dei rapporti tra i vitigni. In molti, infatti, stanno rinunciando parzialmente o del tutto a Cabernet Sauvignon e Merlot per puntare su Cabernet Franc e Syrah, che danno un carattere più distintivo, più “toscaneggiante” . Questo è un trend che si rileva in più o meno tutta la lingua di terra lambita dal Tirreno che va da Orbetello a Carrara. La faccenda, però, è più complicata e, allora, per evitare generalizzazioni esagerate, preferisco procedere provincia per provincia come ho fatto nel corso della degustazione.
PISA E LIVORNO
Mi perdoneranno i rivali di sempre per averli messi insieme, ma, di fatto, le due provincie costiere par excellence costituiscono un’unica macroarea, con la provincia di Pisa che si sviluppa verso est nell’entroterra e offre colline al riparo dalle brezze dove anche il Sangiovese riesce a dire la sua, mentre a Livorno le vigne risentono (quasi tutte) dell’influenza di Mare Nostrum. Fino a qualche anno fa, il primato di Bolgheri su questa parte della Toscana pareva ineluttabile e, nel resto della zona, le aziende qualitativamente significative di distribuivano a macchia di leopardo. Oggi Bolgheri è ancora l’enclave più fiorente – e spunta sul mercato il prezzo medio più alto d’Italia – ma la musica è cambiata e Montescudaio, Terre di Pisa, Suvereto, si stanno tutte affermando come zone prolifere, abbastanza ricche di produttori piccoli e medi che fiancheggiano i soliti nomi osannati dalla critica internazionale.
A Bolgheri, più che in qualunque altra zona, è evidente il cambio di stile legato da all’esigenza di snellire i vini da un lato e dall’altro di affrontare il cambiamento climatico. La soluzione per prendere due piccioni con una fava potrebbe risiedere , come ho già detto sopra, nel Cabernet Franc: lo sostiene Axel Heinz, direttore di Ornellaia, che sta valutando l’inserimento di piccole dosi dell’uva della Loira nel Masseto, e lo dimostrano le tante aziende che ne producono versioni ammalanti in purezza, in cui la classica traccia vegetale diventa un’infusione di macchia mediterranea che ti teletrasporta in quei paesaggi da lacrimuccia.
Il panorama di Pisa è più eterogeneo, ma anche qui chi vuole dare un “twist” più territoriale sta puntando sul Franc o, nel caso della piccola (ma gagliarda) DOC Terre di Pisa, sul Sangiovese, che in questa zona dà vini singolari – solari, avvenenti, ma riconoscibili e abbastanza grintosi – sia in purezza che in blend. Merita attenzione anche qualche Syrah prodotta nella parte più interna: per esempio quella di Varramista, azienda ospitata nell’antica villa della famiglia Agnelli situata al confine tra l’entroterra pisano e la prima parte della Val d’Arno.
GROSSETO
È la provincia che, a mio avviso, offre il parterre meno omogeneo. Nella bassa Maremma regna ancora sovrana una strana forma di colonialismo ad opera di paperoni che hanno commissionato a grandi winemakers ed archistar super-cantine che sfornano rossi nuovomondisti e Vermentini non proprio memorabili; a Montecucco, denominazione dirimpettaia di Montalcino, qualcosa sembra muoversi (seppure lentamente); a Scansano, invece, il Morellino si sta risollevando pian piano dal periodo di declino seguito al grande successo dei primi anni 2000, ma c’è ancora una gran confusione.
A mio modesto parere, la zona del Grossetano dove si trovano le migliori “chicche” allo stato attuale è quella di Pitigliano, la piccola Gerusalemme dove alberga il Ciliegiolo, vitigno che, quando è ben interpretato, dà vini agili, spigliati, semplici e beverini in certi casi e in altri profondi al pari dei grandi Sangiovese.
LUCCA
Qui le cose si fanno molto interessanti. Questa zona un tempo trascurata, chiamata dai maligni “pisciatoio d’Italia”, perché, in effetti, è tra le più piovose della Toscana e non solo, sta cambiando volto grazie alla forza propulsiva infusa da Saverio Petrilli, il maestro della biodinamica italiana, che, con la sua Tenuta di Valgiano e con l’associazione Lucca Biodinamica, ha inaugurato un nuovo capitolo nella storia dei vini della Costa Toscana.
I vini lucchesi, che provengono principalmente da fattorie e cascina biologiche o biodinamiche dove la vigna è solo una delle tante colture, scardinano i pregiudizi sui Supertuscans con profili sorprendentemente snelli, reattivi, per niente appesantiti dal legno, in certi casi più semplici di quelli delle controparti pisane e livornesi, ma molto contemporanei. La sensazione è che si tratti di un territorio con un potenziale veramente notevole – non solo sul lato vino, anche sul fronte della gastronomia – ed è, a dirla tutta, quello che più mi ha divertito nel corso della degustazione.
MASSA CARRARA
Siamo sicuri che si tratti ancora di Toscana e non di una ventunesima regione chiamata Lunigiana? Gli assaggi sembrerebbero confermare questa seconda ipotesi, perchè nella zona di Massa cambia tutto: il ruolo dei vitigni internazionali si ridimensiona, i bianchi diventano dominanti e, al loro fianco, compaiono autoctoni rari come il Vermentino Nero, il Pollera, il Canaiolo (che qui viene prodotto anche in purezza), la Massareta. Lo stile toscano cede progressivamente il passo a quello ligure e si cominciano ad assaggiare rossi snelli, leggeri, da cacciucco o da tonno, con profili sapidi e speziati che sanno di riviera. Terenzuola è l’azienda che porta la bandiera in questo contesto: la prima che è riuscita a far capire che la Toscana di confine può contare qualcosa a livello nazionale e internazionale. Cominciano, però, ad essercene altre di cantine che lavorano come si deve, e sono fiducioso del fatto che, sull’onda della riscoperta dei vini leggeri, questa zona crescerà considerevolmente.
Parlare di annate in un comprensorio così vasto ha poco senso, ma ho riscontrato in linea di massima un andamento simile a quello del Chianti Classico. La 2019 è stata un’annata eccellente che ha prodotto vini equilibrati, reattivi e molto interessanti in prospettiva. La 2018 è stata più altalenante, ma meno che nella Toscana dell’entroterra.
(Per una questione relativa alla modalità di servizio dei vini, non ho potuto fotografare le bottiglie)
I vini:
15. Fattoria Ruschi Noceti – Rosso La Costa 2016
Provincia di Massa-Carrara – Pollera, Durella e altri vitigni
Forse il vino più bizzarro della giornata: non trascendentale in termini di complessità, ma fascinoso. Il profumo di resina e curry, pepe rosa, ribes nero e iodio spiazza ed ammicca. Il sorso di medio peso, scorrevole, solleticato da un tannino vispo e piccante di erbe aromatiche in chiusura rimanda a certi rossi liguri. Da sbicchierare con gran disinvoltura.
90/100
14. Tenuta dello Scompiglio – Lavandaia Alta 2018
Provincia di Lucca – 100% Syrah
Una Syrah piuttosto insolita prodotta in una tenuta gestita da un’associazione culturale che ospita, tra le altre cose, un orto biologico, un centro di studi per tecnici del suono e uno spazio espositivo per artisti emergenti. Ha un profilo fresco, immediato: rose rosse e marmellata di fragole, noce di cola, legni balsamici, cannella. Il sorso è carnoso, carico di frutto maturo, ma non esageratamente concentrato: anzi dritto, reattivo, floreale e sanguigno nella progressione decisamente raffinata. Ben fatto!
91/100
13. Terenzuola – Vermentino Nero 2019
Provincia di Massa-Carrara – 100% Vermentino Nero
Una botta di freschezza allucinante dopo una sfilza di vini pieni e calorosi. Sa di mirto, bacche rosse, menta e rosa canina, alloro e olive in salamoia. Scorre dritto e fluido, piccante e disinvolto, salato e appena tannico nell’epilogo su toni di macchia mediterranea. E’ l’apoteosi del rosso estivo da servire a 15 gradi con tonno, pesce spada, brodetto e paste in rosso d’ogni genere.
91/100
12. Tenuta del Buonamico – Cercatoja 2017
Provincia di Lucca – Sangiovese, Syrah e Cabernet Sauvignon
Un’altra referenza molto centrata da Montecarlo (LU), storica enclave vinicola della Lucchesia. Il Sangiovese qui è in prima linea con accento di cuoio e ruggine che lascia spazio a pepe nero da Syrah ed erbe officinali, mirtilli rossi, violetta. Il sorso è snello e disteso, croccante di ribes e melagrana, con un piglio tannico discreto e un ritorno piccante in chiusura. E’ un passpartout per fegatini, salame, prosciutto di Bazzone, caciotta semi-stagionata e via discorrendo…
91/100
11. Scuola Mocajo – Stello 2018
Provincia di Pisa – 100% Merlot
Dalla Val di Cecina, un Merlot riconoscibile, ma lontano dallo stile “mangia e bevi” che continua ad imperare un po’ ovunque in Toscana. Il classico fruttone – prugna, visciola sotto spirito – va a braccetto con rosa rossa e talco, tabacco mentolato, grafite. La massa fruttata che avvolge il palato – senza però ingombrare – è sostenuta dalla giusta acidità e da un tannino vispo che allenta la presa in un finale riccamente balsamico. Serio.
92/100
10. Podere La Regola – La Regola 2018
Provincia di Pisa – 100% Cabernet Franc
Versione gentile e raffinata di Franc in purezza che profuma di kirsch e cuoio, sottobosco verde, pepe nero e chiodo di garofano, con una lieve traccia del rovere che andrà ad integrarsi. Simile l’impostazione del sorso ricco, giocato sul frutto e su rimandi floreali di una certa eleganza, appena ruffiano nei rintocchi cioccolatosi, ma disteso e molto appagante anche nel finale lungo su toni di erbe officinali. Splendido.
92/100
9. Fattoria di Montechiari – Montechiari Rosso 2016
Provincia di Lucca – Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot
Pomodoro secco e liquirizia, cioccolato fondente, cannella ed erbe aromatiche, visciola e un tratto minerale a comporre un disegno che si discosta dall’archetipo classico del Supertuscan e spicca per originalità. In bocca offre sapore e profondità, ricchezza fruttata non ecessiva, tannini netti, gagliardi e mineralità frammista a ventate balsamiche in un finale di disarmante piacevolezza. Davvero una bella scoperta, a maggior ragione si considera che viene meno di 25 euro a scaffale.
92/100
8. Sassotondo – Ciliegiolo Montecalvo 2018
Provincia di Grosseto – 100% Ciliegiolo
Da una vigna vecchia nel cru San Lorenzo, fiore all’occhiello dell’azienda più importante di Pitigliano, un Ciliegiolo di rara finezza che abbina una certa complessità a una facilità di beva spettacolare. Il profumo è di viola e melagrana, macchia mediterranea, sottobosco, fuliggine. Il gusto è slanciato e scalpitante, croccante e succoso, sanguigno e boschivo nel finale aggraziato che fa un po’ Pinot Noir.
93/100
7. Tenuta di Ghizzano – Terre di Pisa Veneroso 2017
Provincia di Pisa – 70% Sangiovese, 30% Cabernet Sauvignon
Fascino da scapigliatura di un vino biodinamico che, come molti altri appartenenti a questa categoria, tira fuori aromi maturi già all’esordio, ma non è affatto detto che duri meno di un “convenzionale”. La nota di testa è di erbe officinali – quasi da Vermouth – seguita da concia e visciole, ruggine, un accenno di tabacco. Il grip tannico del Sangiovese sposa il frutto, la serafica compostezza del Cabernet in un binomio d’eccezionale equilibrio che s’infrange in una chiosa boschiva e mentolata. Rappresenta una sorta di via di mezzo tra il Chianti Classico e la vecchia Bordeaux.
93/100
6. Sator – Montescudaio Atteone 2019
Provincia di Pisa – 100% Cabernet Franc
Franc a più non posso con la classica sfumatura vegetale che spazia dal fiore d’ibisco a timo ed elicriso, e poi tabacco, ciliegia ferrovia, prugna, spezie a volontà. Splendida la dinamica del gusto agile e nervoso, incalzato da un tannino incisivo che sostiene la mole di frutto e lungo nei rimandi alla macchia mediterranea. Se volete capire cos’è il Cabernet Franc in Toscana, partite da qui!
93/100
5. Michele Satta – Cavaliere 2018
Provincia di Livorno – 100% Sangiovese
Satta è una vecchia gloria di Bolgheri, ma questo è il suo Sangiovese: forse l’unico veramente degno di nota in zona. Il bello di questo vino è che mette insieme i classici tratti del vitigno – ghisa e viola essiccata, felce, alloro – con una venta di spezie e torrefazione che ti fa volare in quei luoghi assolati. Il frutto – caldo, ma non sovramaturo – torna protagonista nel gusto, che è appena ammorbidito da una traccia di vaniglia da rovere, ma resta bilanciato e scattante, con un tannino perfetto e un finale “sauvage” di ottima persistenza.
93/100
4. Gramattacco – Bolgheri Superiore Alberello 2018
Provincia di Livorno – 50% Cabernet Sauvignon, 45% Cabernet Franc, 5% Petit Verdot
Gemello diverso del Grattamacco, iconico Supertuscan, rispetto al quale è meno perfettino e decisamente più avvincente: sarà forse per quel 45% di Franc che contiene e che si sente forte e chiaro. L’eleganza del naso è spiazzante: il mix d’incenso e vapori balsamici – quasi Vicks vaporub – va a braccetto con cannella, lamponi schiacchiati, liquirizia, bacca di ginepro, sandalo. Lo sviluppo è chiaro, soave, sostenuto da un tannino eccelso e incorniciato da una verve floreale ammaliante. Che classe!
93/100
3. Fattoria Varramista – Varramista 2018
Provincia di Pisa – 100% Syrah
Spettacolare sfilza di aromi da Rodano, tra i quali spiccano noce moscata e pepi orientali, tabacco, fuliggine, liquirizia, marasca e confettura di mirtilli. E’ potente, ma senza eccessi di concentrazione, il tannino è morbido, filigranato e lo sviluppo s’infrange in un turbinio di spezie da souk arabo. Eccezionale.
94/100
2. Caiarossa – Caiarossa 2018
Provincia di Pisa – 30% Syrah, 28% Cabernet Franc, 12% Merlot, 16% Cabernet Sauvignon, 7% Petit Verdot, 2% Alicante
Qui c’è un imprinting classico, michelangiolesco da Bordeaux d’antan che, però, si fonde con la solarità mediterranea di Riparbella, nell’entroterra di Cecina. Il caledoiscopio aromatico spazia da carcadè, vetiver e sandalo a miscela arabica, eucalipto, marmellata di giuggiole, scatola di sigari, e ritorna coerente a far da sfondo a uno sviluppo nel segno dell’equilibrio magistrale tra alcol e freschezza, presa tannica, frutto cremoso e traccia del rovere che non stona. Infilato come intruso in una batteria di Cru Classè di Bordeaux degustati alla cieca, potrebbe creare scompiglio e dar filo torcere ad alcuni mostri sacri.
95/100
1. Tenuta di Valgiano – Valgiano 2016
Provincia di Lucca – Sangiovese, Merlot, Syrah
Il “nec plus ultra” del manierismo enologico toscano: un vino che si discosta completamente dallo stile neoclassico dei primi Supertuscans per dar vita a un canone di bellezza meno ideale, più intimo e al contempo più misterioso. Il profilo aromatico è giocato tutto sui chiaroscuri: rosa appassita e tabacco, legno di sandalo e mirtilli selvatici, cannella e chiodo di garofano, lavanda e terra bagnata, a comporre un affresco mozzafiato che ti fa tenere il naso nel calice per un quarto d’ora. In bocca è glorioso: morbido come un drappo di velluto, ma vivace, agrumato, ariosamente balsamico e carnoso di frutto scuro e maturo, piccante e salato nel finale lungo, raffinato, avvincente. Se il Sassicaia rende un senso di armonia che ricorda l’opera di Raffaello, Valgiano affascina e conturba come gli affreschi dell’ Aspertini o l’immaginifica Deposizione di Volterra di Rosso Fiorentino.
97/100
GLI ULTIMI AGGIORNAMENTI SUL MONDO DEL VINO
SEGUI SOMMELIER LIFE SU FACEBOOK
SEGUI SOMMELIER LIFE SU INSTAGRAM
Se ti è piaciuto questo articolo, potresti essere interessato anche a:
Walter Massa: il genio ribelle che ha salvato il Timorasso dall’estinzione
Chianti Classico 2019 e 2018: i migliori vini dell’anteprima Chianti Classico Connection 2021
Bordeaux 2020 En Primeur: tutti gli assaggi dell’anteprima italiana
Fletcher Wines: l’australiano che ha trasformato la stazione di Barbaresco in una cantina
Merumalia: visita in una delle migliori cantine di Frascati
Il Primitivo aldilà delle mode: verticale del Visellio di Tenute Rubino
Barolo, Barbaresco e Roero: quattro aziende che fanno vini senza tempo
Malvirà: Il Roero non teme il Barolo
Brunello di Montalcino 2016: i migliori venti vini dell’annata delle meraviglie
Giovanni Rosso e la Vigna Rionda: storia di un Barolo stratosferico