Dal Parmigiano Reggiano paragonato al fumo dall’OMS, al vino equiparato a sigarette e bevande gassate nel piano per la lotta al cancro dell’ Unione Europea. Quello di cui si parla in questi giorni è solo l’ultimo episodio della saga infinita che vede contrapposte le istituzioni responsabili di tutelare la salute pubblica e le associazioni che proteggono le eccellenze del Made in Italy. Purtroppo la retorica della demonizzazione a tutti i costi prevale quasi sempre su quella del consumo moderato e si paventano misure folli che andrebbero a massacrare comparti interi.
Questa volta la situazione è più seria che in passato: il Beating Cancer Plan, che è stato approvato qualche giorno fa, parla di liste degli ingredienti entro il 2022 e di avvisi sulle etichette come quelli presenti sui pacchetti di sigarette entro il 2023. Non solo: il vino rischierebbe anche di essere vittima, come tutte le bevande alcoliche, di aggravi fiscali che, con tutta probabilità, finirebbero per arrecare danni al mercato già fiaccato dal COVID senza ridurre più di tanto il consumo di alcolici (per comprenderlo basta dare un’occhiata agli studi su misure “punitive” come questo sulla sugar tax).
Chiaramente l’iniziativa di dotarsi di un piano anti-cancro è giusta – sacrosanta, direi – ma chi di competenza dovrebbe evitare atteggiamenti che, usando un termine tanto in voga al momento, potrebbero essere definiti “negazionisti”, nel senso che negano il valore culturale del vino e lo paragonano a qualunque altra bevanda alcolica. Pienamente condivisibili sono, in questo senso, le dichiarazioni di Sandro Santor, presidente di Wine in Moderation, associazione che promuove il “bere consapevole”. ” Sono sorpreso nel leggere che non venga fatta distinzione tra uso e abuso in questo testo – ha detto Sartor – Siamo del tutto convinti che il consumo moderato e responsabile del vino, in particolare all’interno della dieta mediterranea e combinata con un sano stile di vita, sia del tutto compatibile con una vita sana e, come confermato da numerose evidenze scientifiche a tutti disponibili ed accessibili, non sembra far aumentare il rischio di cancro”.
Il sostituto della ministra Bellanova, che si era apertamente schierata contro proposte potenzialmente dannose per le nostre DOP e IGP come il Nutriscore francese, avrà il dovere di far valere a livello internazionale il principio secondo il quale “l’alimentazione non è un algoritmo”. Pena in caso di fallimento un aggravamento delle condizioni del nostro made in Italy, che più volte è stato coinvolto in contese dalle quali i prodotti industriali confezionati ad hoc per essere “verdi e salutari” escono quasi sempre vincenti.
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