Habemus: genesi di un’ eccellenza laziale

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Ci sono dei posti in cui rifugiarsi per dimenticare il frastuono e il trambusto di una vita metropolitana. Ci sono dei luoghi che ritemprano lo spirito e lasciano spazio al silenzio e alla contemplazione.

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Emanuele Pangrazi, imprenditore romano e proprietario della Tax Refund S.p.a, cercava proprio questo quando, a 25 anni, ha deciso di acquistare un terreno dove costruire il suo rifugio in campagna: voleva una casa per la fuga dallo stress settimanale, la casa che poi verrà abitata da suo padre e dove trascorrerà i periodi belli: un posto che oggi descrive come quello “dove veniva Babbo Natale , dove trascorrevamo i week end familiari, l’ estate e la Pasqua “

Lui lo ha sempre definito “Il mio piccolo Paradiso”, il luogo dove parlando al telefono con gli amici poteva dire “siamo sotto lo stesso cielo… qui nelle notti d’estate si possono toccare le stelle”.

La prima raccolta delle olive segna in Emanuele uno spartiacque, un momento di condivisione con i suoi figli che decidono di raccogliere le olive invece di andare all’acquario di Genova: da qui l’idea di rivolgersi ad un agronomo del posto che gli sconsiglia di produrre olio per via della poca costanza di resa negli anni, ma gli fornisce un’idea rivoluzionaria per quella zona: il vino.

Il confronto con alcuni enologi lo porta ad essere sempre più fermo nella sua decisione di non approcciare un modello industriale, ma di costruire piuttosto un’azienda famigliare: da qui il suo motto “rimanere piccoli per diventare grandi”

Emanuele è un maniaco della perfezione: vuole seguire tutto il processo e non affidarsi a scatola chiusa ad un enologo. L’ incontro con Marco Casolanetti (Oasi degli Angeli), divenuto poi suo consulente, è il tassello mancante: la visione di ciò che poteva offrire quel territorio che, sotto certi aspetti, richiama la Valle del Rodano. Da qui l’idea di impiantare i vitigni coltivati sull’altra sponda del Mediterraneo: Grenache, Carignan ad alberello con il Syrah a comporre il tipico blend rodanese. Tuttavia, il primo ad essere piantato è il Cabernet Franc, che però uscirà solamente nel 2016, con la vendemmia 2013. Nascerà prima Habemus, il blend in stile Rodano Sud che ha fatto la storia del vino laziale.

LA VIGNA DI HABEMUS

Un corpo centrale di 53 ha, di cui 15 vitati, incastonati tra i Monti Sabatini a sud ed i Monti Cimini a nord, in cima alla Valle del Mignone : “Si può fare una passeggiata di 26 km a cavallo nella Valle e arrivare al mare, che dista 9 km in linea d’aria”.

I terreni sono a prevalenza argillosa e godono di forte insolazione e scarsa piovosità. A questi due fattori si aggiunge una ventilazione costante proveniente dal mare: l’aria in inverno, risalendo la valle, si riscalda e permette all’uva di germogliare prima rispetto alle zone costiere, mentre in estate accade l’esatto opposto: l’aria calda, percorrendo la valle durante la notte, si rinfresca portando ad escursioni termiche che arrivano anche a 20°C.

L’azienda è certificata biologica: “Ma non ci fermiamo qui: abbiamo infatti un approccio ancora più estremo: usiamo prodotti a base di propoli aglio e alghe e solamente acqua sorgiva.” In vigna si persegue dunque il rispetto della pianta e del prodotto con “la buona pratica e il ritorno all’agricoltura di 60 anni fa, quella in cui non c’era un’industria chimica così sviluppata e massiva”. Produrre meno per portare più qualità è un concetto al quale a San Giovenale si è saldamente legati.

La densità d’impianto in vigna è molto alta: 11.000 ceppi con rese molto basse di 25 quintali per ettaro per i vitigni a bacca rossa (12 quintali per ettaro per il Cabernet Franc), mentre per il vigneto di Marsanne e Roussanne si arriva fino a 40.000 ceppi per ettaro.

La quantità di uva ti deve consentire di produrre il miglior vino possibile dell’annata, perché il vino deve essere sempre figlio dell’annata, in tutte le annate. Ad esempio, la 2015 è l’annata perfetta, ma le sono meno legato: sono più legato, invece, alla 2014 e alla 2017, dove sono stato con i nervi a fior di pelle nel combattere con il freddo in una e con il caldo nell’altra: in un anno le piante non ce la facevano a maturare, mentre nell’altro mancava l’apporto idrico”.

Attualmente la produzione di Habemus si attesta sulle 9000 bottiglie per l’etichetta bianca, e 1000/1200 bottiglie per il Cabernet Franc etichetta rossa. Per il Bianco da Marsanne e Roussanne “siamo ad una produzione di una barrique l’anno con il progetto per i prossimi anni di arrivare a produrre al massimo 2000 bottiglie”.

LA CANTINA

La struttura è basata sul concetto di eco-sostenibilità: terminata nel 2012 e disegnata dall’architetto Michela Esposito, è a impatto zero con un impianto fotovoltaico e geotermico che la rende autonoma dal punto di vista energetico. “Il fotovoltaico, la geotermia, i tetti verdi che ricoprono la bottaia, le pareti e le coperture ventilate mi permettono di conservare l’energia per non ricorrere a combustibili fossili.”

Nella produzione di Habemus, le uve diraspate effettuano la macerazione per due settimane in contenitori di acciaio Lejeune, che garantiscono la più avanzata tecnologia. La fermentazione è innescata da lieviti indigeni. A processo ultimato, il vino passa in barrique nuove dove sosterà per 20 mesi (30 mesi per il Cabernet Franc etichetta rossa). “Sulle barrique non bado a spese: cerco di ottenere i legni più stagionati di aziende importanti come Cavin, Meyrieux , Laurent, Gauthier.” Dopo l’imbottigliamento, che avviene senza filtrazioni, il vino sosta in cantina per sei mesi.

Noi avevamo a casa un libro delle ricette e, con le mie bambine lo avevamo intitolato “trattoria virtuale del Piccolo Paradiso”: questo è il mio posto, San Giovenale l’ho creata per ringraziarlo ed il nome non è stato casuale. Potevo chiamarla in qualsiasi modo, la scelta del nome è un ringraziamento a questo luogo: mi ha messo alla prova e ha tirato fuori cose di me che non mi aspettavo, ho avvertito il senso della sfida e, da questo punto di vista, mi piace pensare che San Giovenale sopravvivrà a me”.

NOTE DI DEGUSTAZIONE

Habemus 2018

Rosso Rubino intenso, scuro, impenetrabile. Al naso è estremamente complesso, ricco e suadente: apre con note floreali e di piccoli frutti rossi, per poi virare su note balsamiche ed eucalipto. Ma siamo solo all’inizio e, per chi come me ama il buon vino, non sarà difficile praticare l’arte dell’attesa. Lo lascio nel calice prima di passare all’assaggio. Ecco che il naso cambia: le spezie la fanno da padrone, cannella e pepe nero che aprono a sentori di scorza di arancia candita, prugna, confettura di more, cacao. All’assaggio, con i suoi 15°, risulta potente, ma molto dinamico: l’ ingresso è ricco, il tannino vibrante e dolce, l’alcol perfettamente integrato. Colpisce il fortissimo richiamo alla confettura che lascia spazio ad una scia balsamica e rinfrescante sul finale. Perfetto il connubio di estratto e acidità.

Da bere subito per godere della sua esuberanza o da lasciare riposare per qualche anno per godere della sua ricchezza.

95/100

Habemus Etichetta Rossa 2016

Rosso rubino scuro, impenetrabile. Al naso è ampio, complesso, elegante: apre con un tappeto balsamico sul quale si intersecano note di grafite, china e rabarbaro. Anche in questo caso l’attesa nel bicchiere vale la pena perché, nell’arco di qualche minuto, le note balsamiche aprono a sensazioni di macchia mediterranea, spezie dolci e ciliegia sotto spirito. All’assaggio è ricco, caldo; il tannino è setoso, l’alcol completamente integrato. La persistenza lunghissima e coerente on l’olfattiva è un susseguirsi di note balsamiche e spezie dolci.

Bisogna riconoscere che è un vino da attendere, ma la materia c’è e l’attesa sarà ripagata.

97/100

San Giovenale

Loc. La Macchia SP 42 tra Blera e Barbarano

01010 Blera (VT)

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