Cerasuolo d’Abruzzo: cinque etichette straordinarie a rapporto qualità-prezzo

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Cinque etichette per capire che il Cerasuolo d’Abruzzo non è un affatto un vino minore e che può regalare immense soddisfazioni senza impegnare la tasca ed il cervello.

Chi segue sommelierlifeofficial sui social, sa che ho trascorso quest’ultimo periodo rintanato nel mio buen retiro in terra abruzzese. Più di preciso, mi trovo ad Ortona, ridente cittadina del Chietino dove hanno avuto i natali i miei genitori. Avete presente l’Abruzzo dei pastori forti e gentili, delle montagne innevate, dei bracieri carichi di arrosticini e dei paesi deserti dove cervi ed orsi girano liberamente? Ecco, Ortona è tutto l’opposto: qui la fa da padrone il mare.

Ortona è la prima cittadina a strapiombo sul mare che d’incontra venendo da Nord, e fa da spartiacque tra il litorale adriatico basso e sabbioso e la costiera rocciosa che prende il nome dai Trabocchi, caratteristiche macchine da pesca che il Vate paragonava a “ragni colossali”. È famosa per la cattedrale, che ospita le reliquie di San Tommaso Apostolo, per il Castello a strapiombo sul mare, per il Palazzo Farnese – unica dimora reale d’Abruzzo – e per la baia naturale che ospita, da più di duemila anni, uno dei porti più importanti dell’Adriatico.

Come vedete nelle foto sopra, qui il mare è protagonista assoluto nel paesaggio e nel piatto: brodetti, chitarrine allo scoglio, gnocchi al sugo di pesce, orate, rane pescatrici e sogliole al forno sono all’ordine del giorno. Va da sé che il Montepulciano vinificato in rosso, con la sua veste scura, tintoria e la sua rinomata ciccia, non trova posto in tavola e che, quindi, quando mi trovo qui, vado di Pecorino, di Trebbiano e, soprattutto, di Cerasuolo. Quest’ultimo sta particolarmente bene con una cucina che, per quanto marinara, non è mai leggerissima: la sapidità spinta del pescato adriatico e l’uso abbondante di pomodoro mettono a dura prova i bianchetti pallidi ed evanescenti.

Mettiamo subito in chiaro che Cerasuolo e rosato sono – almeno teoricamente – due cose completamente diverse: il Rosato è leggero, scorrevole, chiarissimo nel colore, ricorda un bianco con un pelino di struttura in più e qualche vago sentore di frutto rosso; il Cerasuolo, invece, se è fatto con i sacri crismi, ha un colore che può variare dal cerasa inteso a un rubino scarico da Pinot Noir, e, nelle migliori espressioni, sfoggia una struttura da piccolo rosso, con un guizzo di tannino e un quantitativo spropositato di aromi fruttati che lo rendono golosissimo. Se mi chiedete perché dovreste preferire il secondo al primo vi rispondo che: a) è tra i pochi vini rosa tradizionali e “territoriali”, che hanno una storia alle spalle e non seguono le mode b) è un passpartout gastronomico. Io lo bevo con il pesce, ma sta una favola con salumi, formaggi non troppo stagionati, piatti di qualsivoglia genere che contemplino i fagioli tra gli ingredienti, rigatoni “‘gnoranti” alla matriciana, carni bianche e spezzatini, zuppe, pizze, lasagne…vabbè, ci siamo capiti!

Sul Cerasuolo realizzerò a breve un ciclo di interviste a produttori storici ed emergenti, quindi restate sintonizzate su questi canali. Nel frattempo, però, voglio raccontarvi cinque etichette veramente notevoli che ho avuto modo di (ri)assaggiare in questi ultimi giorni:

1. Inverso – Cerasuolo d’ Abruzzo “Posso” 2019

Buona la prima per questa realtà ortonese fondata da due ragazzi che hanno compiuto un percorso all’ “Inverso”, nel senso che sono tornati in Abruzzo dopo aver studiato e lavorato al nord. Il packaging del loro Cerasuolo è molto modaiolo – quasi glamour nella versione “hennè” – ma il contenuto è assolutamente tradizionale da un punto di vista cromatico e gustativo. Fragola matura, pomodorino infornato, erbe aromatiche sono i riconoscimenti più evidenti, e il sorso è strutturato senza essere eccessivo, polposo al punto giusto e piacevolmente ammandorlato in chiusura. Un prodotto così didattico non può che andare a nozze con un classico brodetto con i controfiocchi alla sanvitese/vastese/sanbenedettese (non chiedetemi la differenza esatta tra i tre, perché non l’ho mai capita..)

Prezzo: 10 – 12 €

88/100

2. Praesidium – Cerasuolo d’ Abruzzo 2019

Un vino che ha il colore del pomodoro, profuma di pomodoro – e di rosa – e sa anche di pomodoro. Per quanto non abbia lo slancio, la tensione delle migliori annate, questa versione del Cerasuolo di Praesidium riesce a convincere per golosità e carattere, con un uno sprint minerale di fondo che lo rende equilibrato e scorrevole e un buon tenore alcolico a sostegno. Va da sé che il pomodoro è l’abbinamento migliore, in particolare – visto la struttura non da peso piuma – una parmigiana di melanzane o un timballo di pasta al forno.

Prezzo: 18 – 22 €

88/100

3. Donato di Tommaso – Cerasuolo d’ Abruzzo 2019

Etichetta accattivante – e decisamente insolita – di un vignaiolo del pescarese che produce anche un Pinot Nero e un Sauvignon Blanc sorprendenti. Qui il concetto di “Rosato carico” è portato al limite: in altre regioni questo vino sarebbe considerato un rosso a tutti gli effetti. Il colore è un rubino vivace, trasparente ma non troppo, e il naso sa di mora e visciola, ruggine, oliva al forno. Il sorso è meno carico di frutto del previsto, decisamente teso, incalzante e sostenuto da un tannino che supera quello di un rosso leggero. Gli unici piatti di mare con i quali penso possa star bene sono baccalà e peperoni, stoccafisso e tagliata di tonno. Ma la “morte sua” è la “rrustell” (di pecora, ca va vans dire).

Prezzo: 10 – 12 €

89/100

4. Buccicatino – Cerasuolo d’ Abruzzo Biologico 2018

Nei paraggi di Chieti si trova quest’azienda storicamente rilevante – soprattutto per quanto riguarda l’agricoltura biologica – ma da sempre votata all’export e quindi poco conosciuta in patria. A distanza di quasi tre anni dalla vendemmia il Cerasuolo 2018 svela ancora un colore ancora carico e sfoggia profumi tutt’altro che scontati di pepe nero ed anice stellato, affumicatura, erbe aromatiche, composta di fragole, nocciola tostata. In bocca è sempre la spezia, di pari passo con la spinta sapida, a prendere il sopravvento sul frutto scuro, per niente dolce, e il tannino solleticante chiama l’abbinamento con una salsiccetta alla brace. Il dato significativo, in ogni caso, è che il Cerasuolo – quando è ben fatto – non va consumato per forza di cosa nel primo anno dalla commercializzazione, ma può essere dimenticato in cantina per un po’.

Prezzo: 8 – 10 €

89/100

5. De Fermo – Cerasuolo d’ Abruzzo Superiore “Le Cince” 2019

Una versione molto azzeccata, frutto di un terroir benedetto, nobilitato dall’agricoltura biodinamica, e del “metodo loretese”, che consiste nella torchiatura “à l’ancienne” e nella fermentazione in botti grandi di rovere. Il colore è intenso, ma senza eccessi, appena torbido, e un filo di riduzione lascia spazio a sensazioni stravaganti, ammalianti di acqua di rose e bacca di goji, creme de cassis, un tocco di spezie dolci. L’attacco è in bocca è dolce di fragola e gelatina d’anguria, ma una spinta salina, quasi ferrosa, bilancia l’insieme e allunga la progressione. Come dice il titolare Stefano Papetti, bolognese di nascita e loretese d’adozione, questo è un vino jolly che puoi portare in tavola con qualunque piatto: dalla parmigiana di melanzane al rintrocilo – pasta fresca tipica di queste zone – con il sugo di pelosi.

Prezzo: 15 – 18 €

91/100

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