Barolo e Barbaresco: sette etichette da scoprire nel 2021

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La pandemia ha infranto sogni e scombussolato piani. Per esempio il sottoscritto era destinato a trascorre gran parte del 2020 a due passi dalla Langa (a Bra, per la precisione), e invece si è ritrovato a seguire webinar e seminari spaparanzato sul suo divano capitolino.

Bra, città natale di Slow Food


Non c’è stato verso di stanziarsi in terra braidese: il virus mi ha costretto ben due volte a fuggire dopo poco più di un mese di permanenza; sembra quasi che l’Urbe non mi voglia lasciar andare, che sia destinato ad assaggiare vino tra smog e cemento sognando il verde del vigneto. Se non altro, però, sono riuscito a concentrare un buon numero di degustazioni, bevute e mangiate in quelle poche settimane trascorse nelle terre delle due B. Molte esperienze le ho già raccontate negli ultimi due mesi; qualcun’altra la racconterò nelle settimane a venire. Oggi dedico qualche riga a sei Barolo e Barbaresco che hanno regalato momenti d’emozione e godimento nel 2020 e che meritano di essere tenuti d’occhio nel 2021.


Giovanni Manzone – Barolo Bricat 2011


Uno degli assaggi memorabili dell’ultima degustazione in cantina senza mascherina scesa sul collo e disinfettante a portata di mano. Era fine febbraio e le Langhe si preparavano a una riapertura post-pausa invernale che sarebbe stata posticipata di ben quattro mesi. Con Marco Manzone avevo organizzato un rendez-vous last minute in un buco tra una lezione e l’altra. Mai avrei pensato che mi avrebbe accolto con una verticale dall’annata corrente alla 1993. Ho scelto il Bricat semplicemente perché l’ho bevuto di nuovo a Settembre, ma tutti – e sottolineo TUTTI – tutti i vini di quest’azienda low profile sono meritevoli. Prodotto dalla parcella più alta e più vecchia del Cru Gramolere di Monforte d’Alba, il Bricat 2011 tira fuori una profusione conturbante di spezie chiare e scure, erbe da Vermouth, succo di lampone e di mirtillo, terra bagnata. Il sorso è un pugno di ferro in guanto di velluto: al frutto ricco, maturo fa da contraltare un tannino sontuoso che allenta la presa nel finale su ricordi di erbe balsamiche e tarocco siciliano. La 2011 è generalmente considerata annata da stappare nel medio termine, ma questo vino qua può essere tranquillamente dimenticato in cantina.

94/100

Manuel Marinacci – Barbaresco 2015

Treiso, Neive, Barbaresco: la triade classica dell'”altra B”. Manca qualcosa?! Si, manca la frazione che tutti dimenticano (esperti compresi). E’ San Rocco Seno d’Elvio, costola del comune d’Alba dove ha sede un manipolo di aziendine piuttosto interessanti: una su tutte quella di Manuel Marinacci. Manuel ricava da 4 ettari di vigna poche bottiglie di un Barbaresco eccellente che ho avuto modo di assaggiare l’ultima volta in un pranzo alla fantastica Osteria dell’Arco prima della fuga di Marzo. E’ il tipo di vino che esordisce in sordina e poi…BOOM: spezie esotiche, liquore ai lamponi, liquirizia, fiori di ogni tipo. In bocca è rilassato come si conviene a una 2015: il tannino è comunque gagliardo, tonico, ma il frutto croccante la fa padrone e rende facile la bevuta nell’immediato e l’abbinamento con i classici plin, tajarin e via discorrendo. (N.B. Quello in foto è Manuel, purtroppo non ho trovato una foto decente del vino).

91/100

Burlotto – Barolo Monvigliero 2015

La sete di Nebbiolo non si placa nemmeno nel mezzo dell’estate romana. In una sera di fine di Luglio, mi siedo al dehors di Wineconcept, il mio wine bar preferito all’ombra del Colosseo, e sorseggio un vino che ha fatto andare in bolla i wine critics (97 il punteggio medio tra Monica Larner per Parker, Galloni, Doctorwine e compagnia bella). Forse i palati influenti in questione si sono un po’ sbilanciati, ma è innegabile che si tratti di un Barolo d’impatto, di quelli che li annusi in apertura e dici subito “wow!”. La parte fruttata ricca, sorniona, più blu che rossa, è incorniciata da fragranze cosmetiche e balsamiche da Chanel N°5, guizzi terragni e un che di lavanda e resina di pino. Il sorso scorre fluido, ritmato da un tannino quasi impalbabile per tanto che è raffinato, e s’infrange in chiusura in un tripudio di spezie, lampone e rosa da Vosne Romaneè. La brutta notizia è che era l’ultima bottiglia disponibile a un prezzo umano: adesso dovete sborsare 200 e passa euri.. ma li vale tutti!

96+/100

Cigliuti – Barbaresco Vie Erte 2016

Il vino del ritorno in terra piemontese ad Ottobre, stappato al ristorante dell’ Albergo Badellino Di Bra prima dell’introduzione del coprifuoco. E’ il Babaresco giusto al prezzo giusto: proviene dal Bricco di Neive, Cru reso noto da Dante Rivetti, ed esprime l’indole femminea del suo terroir, aprendo su rosa appassita e kirsch, menta e cipria, per poi proseguire al palato con un nerbo acido tosto, ma non graffiante, e tannini che non fanno una piega. Ne prenderei almeno tre bottiglie: da due stappare in un solo pasto – perché una non basta – e l’altra da tenere in cantina per un almeno un lustro.

93/100

Marengo – Barolo Brunate 2016

Barolo e barrique non vanno d’accordo?! Non è detto: dipende dall’uva che e dal tipo di rovere. Per esempio un Cru come Brunate, che produce vini sostanziosi e sempre carichi di frutto, può dare risultati interessanti quando si usano botti piccole usate e poco tostate. Lo dimostra Voerzio, che però è nella stratosfera in termini di prezzo, e lo dimostra anche la famiglia Marengo, che produce un Brunate singolarissimo, sicuramente “moderno”, ma privo di ridondanze legnose. La 2016 è tutta giocata in sottigliezza tra viola e rosa, incenso, visciola, ribes immaturo e tabacco dolce. L’acidità spodesta il frutto croccante, succoso, e il tannino ben polimerizzato – la barrique aiuta in questo senso – accompagna una progressione dotata d’encomiabile souplesse. E’ tra le poche 2016 che stapperei senza indugi seduta stante.

93/100

Orlando Abrigo – Barbaresco Meruzzano 2017

Ultimo pranzo al ristorante prima dell’istituzione della zona rossa e la conseguente fuga verso Roma. Me ne vado con un collega allo stellato Da Francesco a Cherasco e, tra uno splendido Gavi de La Scolca e uno strepitoso Giulin di Accornero, assaggio anche uno dei pochi Barbaresco 2017 di cui comprerei più di una bottiglia. E’ il Meruzzano di Orlando Abrigo, bravo produttore in quel di Treiso. Rispetto al Vie Erte di Cigliuti, siamo in una galassia diametralmente opposta: qui la fanno da padrone aromi scuri, terragni, di ruggine, concia, tabacco kentucky, visciola e mora, una spolverata di cacao amaro. Il sorso mette al centro un tannino leggermente asciutto, ma ben avvolto dalla massa fruttata. A sorprendere è l’acidità tonica, sferzante, inusitata per l’annata torrida, che dà man forte al cerdo iberico dello chef Francesco Oberto. Seguirà racconto integrale di questa esperienza da pascià.

92/100

Carlo Viglione – Barolo 2015

Già protagonista de Il vino del giorno, il rarissimo “classico” di Viglione è semplicemente il più maestoso e raffinato dei Baroli tradizional-artigianal-naturali che ho assaggiato negli ultimi tempi. Esordisce su note di cuoio e ruggine che ricordando i capolavori del compagno Bartolo, e pian pian diventa più soave: più balsamico e floreale. In bocca tira fuori un tannino ferreo, ma impeccabile, che sostiene una progressione incentrata su di un binomio stregante di leggiadra floreale/speziata e profondità terragna. Mi raccomando, se nel 2021 fate un salto in langa, andate a bussare alla porta di questo produttore. Io lo farò… se la sorte sarà dalla mia parte!

94/100

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